La Costituzione Liberale Siciliana del 1812
La Costituzione Siciliana del 1812 rappresenta un momento cruciale nella storia dell’isola, un raro esempio di riforma liberale in un’epoca dominata dalle monarchie assolute e dai conflitti napoleonici. Fortemente influenzata dagli inglesi e sostenuta da alcune delle più potenti famiglie siciliane, essa mirava a modernizzare il sistema politico e limitare il potere assoluto della monarchia borbonica. Tuttavia, il suo destino fu segnato dalla restaurazione assolutista di Ferdinando I di Borbone, che non solo ne decretò l’abrogazione, ma perseguitò anche coloro che l’avevano promossa. L’Inghilterra giocò un ruolo chiave nella nascita della Costituzione Siciliana. Gli inglesi, in particolare attraverso Lord William Bentinck governatore e comandante delle forze britanniche nell’isola, spinsero per la riforma costituzionale. La loro priorità era garantire stabilità politica per evitare che il Regno di Sicilia cadesse sotto l’influenza francese o che i disordini interni mettessero a rischio il controllo britannico del Mediterraneo. Tra i più ferventi sostenitori della Costituzione vi furono alcune delle più importanti famiglie aristocratiche siciliane: Paternò, Ventimiglia, Moncada e Tomasi di Lampedusa, che si mossero sì per spirito liberale, ma anche perché intravedevano in essa un’enorme opportunità economica e politica. Uno dei punti cardine della Costituzione fu infatti l’abolizione dei diritti feudali, ma ciò non comportò una redistribuzione delle terre, bensì la loro trasformazione in proprietà privata. Gli immensi feudi divennero gestibili con criteri più moderni, aumentando la liquidità e il valore dei patrimoni nobiliari. L’aristocrazia siciliana più lungimirante colse immediatamente il vantaggio di questo cambiamento, tuttavia, non tutti i nobili erano favorevoli: l’aristocrazia più conservatrice temeva che queste riforme potessero intaccare i loro privilegi tradizionali e si oppose con forza alla Costituzione. La Costituzione Siciliana del 1812 introdusse importanti innovazioni: come detto, l’abolizione del feudalesimo e introduzione della proprietà privata; la separazione dei poteri, il re condivideva il governo con un parlamento bicamerale (Camera dei Pari e Camera dei Comuni); garanzia delle libertà individuali (rincipi di libertà personale e di proprietà). Cambiò anche il ruolo del Parlamento, che ottenne un reale controllo sulla legislazione e sulla fiscalità e la magistratura ottenne l’indipendenza. Il sogno liberale ebbe però vita breve. Nel 1815, con la caduta di Napoleone e la restaurazione dell’ordine monarchico in Europa, Ferdinando I tornò al potere con maggiore autorità. Nel 1816, con la fusione del Regno di Sicilia e del Regno di Napoli nel nuovo Regno delle Due Sicilie, la Costituzione del 1812 venne ufficialmente abrogata. Ferdinando colse l’occasione per vendicarsi di coloro che avevano sostenuto la riforma e molti dei furono esiliati, perseguitati o caddero in disgrazia. L’aristocrazia più conservatrice si alleò con Ferdinando e contribuì a restaurare l’ordine monarchico assoluto. Un personaggio chiave fu Benjamin Ingham, ricco mercante inglese stabilitosi in Sicilia. Egli divenne un mediatore tra i siciliani più intraprendenti e gli inglesi, che miravano a garantire stabilità politica per la Sicilia. Ingham era perfettamente inserito negli ambienti progressisti: egli fornì un collegamento tra le élite siciliane più aperte alle riforme e gli interessi britannici, operando dietro le quinte per facilitare il dialogo tra le due parti. Il suo successo dimostrò come il potere economico e le reti internazionali potessero sopravvivere anche alla fine delle esperienze liberali. La Costituzione Siciliana del 1812 fu un esperimento audace e innovativo, ma si scontrò con la restaurazione del potere monarchico assoluto. La reazione di Ferdinando segnò la fine del progetto costituzionale e la Sicilia tornò rapidamente sotto il controllo della monarchia. Nonostante il suo fallimento, la Costituzione del 1812 rimane un simbolo del tentativo di portare la Sicilia fuori dall’oscurantismo feudale e di avvicinarla ai modelli liberali europei. Il suo ricordo avrebbe ispirato, decenni dopo, i movimenti rivoluzionari che portarono all’unità d’Italia.
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