La corsa dell’energia: ok al rigassificatore a Gioia Tauro
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Non c’è tempo da perdere: il rigassificatore di Gioia Tauro si farà. Lo ha deciso, ieri pomeriggio, il consiglio dei ministri. Che ha dato il via libera alla norma che farà partire l’iter per allestire l’opera che farà del porto calabrese un hub energetico nel cuore del Mediterraneo. Palazzo Chigi ha messo il turbo all’iter. Perché coi venti di guerra che spirano dal Medio Oriente, il rischio è che per gli italiani si prepara un altro inverno gelido. Già perché le operazioni belliche hanno già indotto alla chiusura di numerosi pozzi e gasdotti mentre la Libia, sconvolta nei mesi scorsi da un’alluvione che ha devastato un’area strategica nella città di Derma, uno dei vertici del triangolo Oil & Gas, è ancora ben lontana dal tornare davvero operativa.
Sulla questione legata al rigassificatore di Gioia Tauro, nelle scorse settimane, era insorta una feroce polemica politica. Il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, aveva denunciato ritardi che rischiavano di far slittare, troppo più in là nel tempo, le operazioni utili ad avviare l’opera. La parola che utilizzò Occhiuto, in un’intervista rilasciata al Quotidiano del Sud fu “ostruzionismo”. “Nel piano di Pichetto, nella parte riguardante le opere nel Mezzogiorno, il ministro prevede solo la possibilità e non certo la necessità dell’investimento per Gioia Tauro. Questa cosa non va per niente bene, così come anche per Porto Empedocle”. E dunque richiamò il governo ai suoi impegni: “Il Mediterraneo sta diventando sempre più importante nell’economia europea. E il Sud gioca un ruolo fondamentale in questa partita. Il rigassificatore va autorizzato chiaramente”. Detto, fatto.
Ma il governo non può fermarsi. L’energia è un tema centrale e, come ha dimostrato la recentissima crisi, può causare uno tsunami che, oggi, sarebbe ferale per l’economia. A cominciare dalle bollette. Per il momento, nonostante le indiscrezioni della vigilia, non sarà estesa la fine del mercato tutelato da sei mesi a un anno. Occorrerà intervenire sulle bollette ma in modo tale da non destare la furia dell’Ue che, imbeccata dalla Bce, chiede a gran voce la fine delle misure di sostegno per stroncare l’inflazione. Bisognerà, però, riconoscere aiuti alle imprese perché, altrimenti, i maggiori costi delle bollette finirà dritti nelle tasche dei consumatori. Intanto, accanto al rigassificatore di Gioia Tauro, il governo ha aperto ai parchi eolici offshore al Sud. Ma per Confindustria si può e si deve fare di più. “La politica di incentivi – ha dichiarato Aurelio Regina, presidente del gruppo tecnico energia di Confindustria – non deve essere a pioggia, rischiando di andare a beneficio di produzioni a basso costo extra Ue, ma deve favorire invece lo sviluppo di una capacità produttiva, cioè filiere strategiche in grado di intercettare la domanda di nuove tecnologie green”. E quindi: “In sede comunitaria stiamo completando il Net zero industry act per il rilancio delle filiere green per il quale si stimano investimenti per lo sviluppo della capacità produttiva nelle tecnologie chiave tra gli 80-100 miliardi di euro: il Paese deve essere pronto con una idea chiara sulle opportunità che il tessuto industriale italiano potrà cogliere”. Mentre si preparano le grandi strategie, mentre si dà il via alle grandi opere, occorre pensare all’hic et nunc. Al qui e all’adesso. La cassa di previdenza di ragionieri ed esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca, ha messo a un tavolo gli esponenti di tutti i partiti per fare il punto sulla situazione. “Il nuovo scenario tra Israele e Palestina complica le cose, con il rischio di ricadute negative”, ha spiegato Luca Squeri di Forza Italia: “Il sistema energetico quando è determinato da una necessità di importazione e gli equilibri internazionali vengono messi in crisi – ha aggiunto Squeri -, subisce un aumento dei prezzi. Dipendiamo troppo dal gas e dal petrolio. Dobbiamo portare avanti con convinzione e decisione l’implementazione di tutte le energie rinnovabili non solo il fotovoltaico e l’eolico me anche le bioenergie che attualmente risultano essere le più utilizzate”. Angelo Bonelli (Verdi) ha snocciolato i numeri di “una speculazione”: “Nell’agosto del 2021 i prezzi medi in Italia erano di 40 euro a megawattora, ad agosto 2022 il prezzo è balzato a 232 euro megawattora mentre ad agosto 2023 il prezzo è sceso 32 euro. Questa discesa repentina di circa di circa l’85 per cento non è corrisposta ad una analoga discesa dei costi delle bollette che gli italiani pagano, che, purtroppo, sono rimasti sempre su livelli alti mettendo in ginocchio famiglie e imprese. Una vera ‘rapina sociale’”.
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