La corsa ai voti del Cavaliere. E Renzi ora ci pensa davvero
di EDOARDO SIRIGNANO
I campioni nel calcio, come nella vita, ci saranno sempre. Altra cosa, però, sono i fuoriclasse, ovvero quegli uomini che riescono a cambiare la storia di un paese. Il riferimento è ovviamente a Silvio Berlusconi. L’unico giocatore che sembra aver capacità innate per colmare l’immenso vuoto lasciato dall’inventore del centrodestra è il solo Matteo Renzi. Il giglio fiorentino è l’unico a fare quelle giocate che non ti aspetti, che pure se non sono neanche paragonabili a quelle del Cav, sono degne di nota.
Nello stivale, a parte il capo di Italia Viva, l’unica che sembra essere in grado di tirare le redini, è la sola Giorgia, la quale, con i fatti, sta dimostrando di avere un’abilità nell’adattare il proprio pensiero al cambiamento. Detto ciò, il passato della militante della Garbatella vale più di mille parole. Meloni è di destra. Al massimo potrà essere conservatrice. I moderati, però, nello stivale, sono altro. Non sono certamente il nuovo Pd o meglio ancora il Pci di Elly Schlein, ma neanche quei colonnelli di FdI.
Ecco perché ci troviamo di fronte a un grande spazio. Nell’attività per la res publica, però, tutto deve essere riempito. Un volpone, come Renzi, lo sa bene. Ecco perché vuole candidarsi subito alla successione. Vuole anticipare i tempi, bruciare le tappe. Non basta una modifica allo statuto o un congresso a cambiare le carte ed evitare fuoriuscite in un partito i cui elettori hanno sempre votato una persona e non un simbolo. Serve, piuttosto, un altro personaggio, uno specialista della televisione, un volto simpatico, un amante della vita mondana, un talento innato.
Antonio Tajani è certamente un buon dirigente, ma certamente non ha doti innate. Pellegrini sarà un buon trequartista, ma certamente a Roma non sarà mai Totti. Se il ministro degli Esteri, d’altronde, era l’erede di B. non ci sarebbe neanche stato il dibattito sull’eredità politica di Forza Italia. Allo stesso modo, la povera Fascina, pur dando un contributo fondamentale, non si può improvvisare alla guida di un qualcosa che è stata creata a immagine e somiglianza del fondatore. Non stiamo parlando di un gioiello o un vestito che può essere lasciato ai cari. Neanche la povera Marina, pur restando in gioco per non perdere quei soldi che la famiglia ha investito, non può trasformarsi da imprenditrice di successo ad animale politico. L’Italia, poi, non ha bisogno di un nuovo imprenditore. Come ben dice Taradash, che conosce bene Arcore e dintorni, non c’è più la minaccia della sinistra che richiede un federatore civico. Serve, al contrario, un politico all’altezza in grado di evitare una diaspora. Matteo, pertanto, coglie l’opportunità e si candida con i fatti a prendere il testimone.
Il piano di Matteo
Non a caso prende la guida del Riformista, il quotidiano garantista, quello che ha sempre difeso Berlusconi dalle toghe rosse e non ci mette come direttore responsabile un progressista, ma un azzurro della prima ora come Andrea Ruggieri. La stessa rottura con Calenda non avviene in un momento qualunque, ma quando il ministro parla, in modo improprio, del Cav. L’ex sindaco di Firenze vuole smarcarsi dall’alleato, legato ancora alla sinistra e invece aprirsi a un campo più ampio in cerca di un riferimento. È l’unico, d’altronde, a parlare con i radicali di +Europa, il solo con cui i pannelliani potrebbero siglare un accordo. Stesso discorso vale per i social-democratici. Lo sa anche Macron, che pure non potendo dirlo ad alta voce, confida solo nell’ex premier per una terza via in grado di opporsi alla sinistra di Elly e alla destra di Giorgia.
Per tale ragione, il giorno dopo la morte del suo vero riferimento, il capo di Iv convoca i suoi e rilancia la sfida. “A ottobre – scrive – i congressi, mentre a marzo la Leopolda”. Un chiaro segnale agli sfidanti. L’opportunità c’è e lo squalo non se la lascerà sfuggire. Proverà a far saltare ogni schema, ogni protocollo, caratteristiche che appunto, come dice Matteo, appartenevano all’ideatore di Mediaset. Il Patto del Nazareno non è riuscito perché due prime donne non potevano coesistere. Adesso, però, c’è un solo leone che vuole sbranare tutti gli altri. Non a caso dure bordate vengono subito indirizzate verso quel Tajani che pensava di prendere subito il testimone: “Silvio – scrive Renzi – non ha successori. Patetico imitatore chi si ritiene tale”. Un messaggio che vale più di mille parole.
Il giglio, d’altronde, spiega il perché della politica estera del Cav, dell’auspicata riforma della giustizia. La difficoltà, però, ora sarà sostenere le battaglie con i fatti. Nordio, ad esempio, non intende perdere tempo. L’ex sindaco darà i suoi voti alla causa di Giorgia? Stesso discorso vale per quanto concerne i nodi planetari. L’amico di Obama riuscirà a mettere da parte l’indiscusso atlantismo e andare oltre? Una cosa è certa, se Renzi vorrà essere il nuovo B. dovrà farlo con le azioni. Solo così il popolo di “menomale che Silvio c’è” canterà una nuova canzone. Il sorriso c’è, le doti forse. Ecco perché se Matteo vorrà il popolo azzurro, dovrà guadagnarselo, dimostrando di non essere più un D’Alema o un Bersani, ma quell’uomo in grado di garantire quelle libertà, di cui il patron di Fininvest ha saputo essere indiscusso portavoce. I berluscones dovranno fidarsi.
La sinistra che deve cambiare
I progressisti, dall’altra parte, dovranno reinventarsi. Adesso non c’è più l’acerrimo nemico. La stessa Schlein, confermando la presenza ai funerali dell’inventore del centrodestra, dimostra di averlo capito. Serve, piuttosto, ritrovarsi su una proposta. Difficile, però, fare sintesi in una torre di Babele che rappresenta tutto e il contrario di tutto. La povera Elly non può fare i miracoli. Mantenere la barra a sinistra può consentire di guadagnare qualche consenso in vista delle europee, ma a lungo termine può rappresentare un ostacolo, considerando che dietro l’angolo c’è una vecchia volpe come Matteo, che predica vendette verso gli ex Dc. Il Paese del Papa non si lascerà mai guidare da una forza non moderata, che mette in discussione certi principi.
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