La Confederazione Cananea per dare speranza a Israele e Palestina
Dentro le ragioni profonde del conflitto, perché la proposta di Confederazione Cananea può rappresentare una svolta per il Medio Oriente
di Fabio Ghia
Il conflitto in Medio Oriente, in cui le “radici religiose” delle parti in causa mi appaiono quale principale fattore di scontro, fornisce istintivamente un parallelo di riflessione sul documento sulla Fratellanza Umana di Abu Dhabi, firmato nel 2019 da Papa Francesco e il Grande Imam Al Tayyeb. Quello stesso obiettivo di “fraterno convivere” tanto acclamato dalla stessa “Dichiarazione sulla Fratellanza Umana”, lo ritroviamo anche nell’Enciclica di Papa Francesco del 2020, dove tra l’altro scrive che “La Shoah non va dimenticata, mai più la guerra“! Per l’Europa, in particolare, quest’ultimo “richiamo” dovrebbe stimolare la nostra coscienza affinché ciò che è stato drammaticamente vissuto dagli Ebrei durante la seconda guerra mondiale, non possa più verificarsi in futuro. Dal 7 ottobre 2023, con il fanatico terrorismo di Hamas si è passati a una guerra “fratricida” tra Israele e Hamas e successivamente Hezbollah in Libano. Da notare che ambedue le componenti musulmane, sponsorizzate e pienamente supportate dall’ Iran (Islam Sciita), sin dal 2018 sono state definite Organizzazioni Terroristiche da dieci nazioni occidentali. In ambito Nazioni Unite, per contro, grazie principalmente all’Iran, entrambe sono state ampiamente foraggiate quali legittime Organizzazioni Umanitarie. Il perché ho definito questa tipologia di guerra quale fratricida, trova migliore spiegazione dall’evoluzione storica che entrambe le popolazioni, Ebraica e Palestinese, hanno avuto nel tempo. Trattandosi di un’area che per le tre religioni monoteiste è da considerare quale “Terra Santa” per definizione, verrebbe da dire: ma allora si tratta di una “Guerra di Religione”. Per contro, è più che lecito dire che l’inappropriata e fuorviante interpretazione delle Sacre Scritture (in particolare: Bibbia e Corano) è a capo del dramma comune che stanno vivendo sia gli Israeliani sia i Palestinesi, ma che potrebbe coinvolgere materialmente Stati Uniti e Iran. Ogni Nazione identifica i propri cittadini come naturale espressione della tradizione culturale che li accomuna, differenziandosi dagli altri attraverso le differenti espressioni di vita sociale: dalla lingua, agli aspetti culinari, alle prassi di comune convivenza e valori sociali di base. E ogni singola società tende a differenziarsi escludendo o , se va bene, emarginando l’altro. Nella sostanza ogni società tende ad “escludere” l’altra. L’esempio più immediato è il “campanilismo” tipico della nostra Italia del dopo Unità d’Italia. E’ stato tale sino a quando non subentrò il (deleterio, per altre ragioni) nazionalismo del fascismo e, nel 1946 con la nascita dell’Italia democratica. Ma anche dopo. Chi proveniva dal sud dell’Italia, malgrado ogni sua buona volontà veniva “ghettizzato” al semplice grido di “sei un terrone”. Certamente nulla a paragone di quanto in essere in Medio Oriente, dove, oggi più che mai per retaggi religioso-culturali differenti, ogni “società” si definisce per ciò che essa esclude. Questa legge, portata all’eccesso crea il concetto che per sopravvivere e far valere i propri valori, porta ad una visione di intolleranza, se non addirittura: di eliminazione (è il caso Israele versus Hamas-Hezbollah), che porta necessariamente ad inglobare o a isolare l’altro. Ecco, tutto questo rappresenta la realtà di quanto continua ad accadere in Palestina da più di tremila anni a questa parte. E di questo difendersi dall’ estraneo, Gerusalemme (Città Santa per tutte e tre le Religioni) ne è testimonianza “millenaria”, al punto tale che Vincent Lemire (storico dell’università di Parigi) paragonando Gerusalemme ad altre città millenarie quali Roma, Parigi, Atene, etc., la definisce una “città senza storia”. Nel senso che dal punto di vista reperti archeologici, che rappresentano l’evoluzione storico-culturale delle singole città, Gerusalemme, per quanto se ne deduce dai sacri testi, di reperti archeologici (importantissimi dal punto di vista storico-sociale) ben poco è rimasto, anzi l’affermarsi dei nuovi “culti e culture differenti” subiti negli ultimi due millenni ha comportato la quasi completa “distruzione” dei simboli storici della precedente cultura. Eppure Gerusalemme è sacra per gli Ebrei, in quanto patria ebraica dove si trova il Tempio Santo e capitale del Regno di Giuda oltre che d’Israele sin dal 2500 circa a.C.. È sacra per i Cristiani perché è qui che Gesù Cristo (il Messia) si è manifestato ed è risorto. Ed è sacra per i Musulmani perché è scritto nel Corano che qui sia avvenuta l’ascesa al cielo del profeta Maometto. Sta di fatto che la terra di Palestina ai suoi inizi ha visto convivere popolazioni nomadi quali Egizi, gli Assiri, i Babilonesi, cui si sono aggiunti gli Ebrei inizialmente in una mutua pacifica convivenza. Ma l’intera Palestina ha visto poi l’invasione dei i Greci (730 a.C.: Nabucodonosor e distruzione del primo tempio ebraico), e quindi l’istaurazione di Roma imperiale di Tito Flavio Vespasiano. Al grido di Roma Imperiale, nel 70 d.C. le gemme architettoniche di Gerusalemme e l’unico tempio ebraico furono distrutti, per poi concludersi nel 73 con la completa scomparsa dell’unica piazzaforte ebraica: Masada, di cui non è più rimasta traccia. A riguardo, ancora oggi esiste l’annuale ricorrenza ebraica della Tisha BeAv. Ne ha fatto seguito poi la Cristianizzazione dell’Impero che inizialmente, visto che Gesù nacque Giudeo, comportò una quasi pacifica convivenza con gli Ebrei. Poi a partire dal 670 d.C. seguirono gli Arabi e gli Ottomani che, purtroppo, sin dall’inizio mostrarono una certa avversione nei confronti del popolo Ebreo. E così iniziò e continuò la diaspora ebrea per secoli, causando l’allontanamento di buona parte del popolo ebreo dalla Israele.Finalmente, a seguito della Shoah e il massiccio transito post seconda guerra mondiale verso la Palestina del 1948, cioè 3448 anni dopo, gli Ebrei poterono prendere possesso di quanto Dio gli aveva indicato come loro Patria e Nazione di appartenenza: la terra di Canaan. Infatti, è il primo libro della Bibbia, la Genesi, che ci racconta la storia di Abramo e del suo incontro con Dio, con la designazione di una terra (Canaan) loro attribuita. Nella stessa terminologia biblica sono designati col nome di patriarchi i tre tradizionali progenitori degli Ebrei, cioè Abramo, Isacco e Giacobbe. Anzi è proprio a Giacobbe che Dio gli impose di cambiare nome in Israele.La citazione della Bibbia è necessaria perché è dalla conoscenza dei Sacri testi che meglio si comprendono anche le ragioni delle terribili azioni perpetrate nei confronti degli Ebrei nel tempo come detto inizialmente dai Greci, dai Romani, poi dai Musulmani, e ancora dalle “Crociate” cristiane. Nello specifico dell’interazione dell’Islam in terra di Canaan*, il Corano e le numerose Hadīth (sommario delle interpretazioni Coraniche, dei detti e i modi del Profeta Maometto) narrano che nel 622 d.C. Maometto chhe già aveva ricevuto da Allah molti capitoli del Corano, fu costretto a fuggire da Mecca, dove vigeva l’idolatria, perché perseguitato per il suo monoteismo. Rifugiandosi nell’oasi di Medina, con una ventina di suoi seguaci, chiese locale ospitalità. Poiché di differente “cultura e religione” (erano maggioritari ebrei, non credenti, cristiani e molti pagani) scrisse di suo pugno la “Carta di Medina”, la prima carta costituzionale esistente al mondo, con la quale (essendo minoritario …) inneggiava a una completa libertà di culto nel rispetto reciproco e nell’interesse comune di unire le forze in caso di necessità. Perseguitato dai Meccani nel 626, sapendo che le forze Meccane erano nettamente superiori e ben armati, chiese alle altre comunità di Medina di dargli manforte e combattere con lui le forze Meccane. Inizialmente aderirono tutti, ma una volta compreso la netta superiorità dei Meccani, i non seguaci di Maometto rientrarono frettolosamente a Medina. Allah volle (Surah n°8), per contro, che la tenacia e la Fede degli uomini di Maometto prendessero il sopravvento distruggendo completamente le forze Meccane. Ovviamente, rientrato a Medina, (sintetizzando) Maometto impose, principalmente alla comunità ebrea, un ultimatum: O convertirsi all’Islam, oppure lasciare immediatamente l’oasi. Mentre cristiani e altri non crearono problemi alla conversione, gli ebrei nel loro insieme lasciarono Medina e si rifugiarono in quella terra che oggi dovrebbe essere al confine tra il Libano e Israele, dove già da “millenni” altri ebrei erano li residenti. Da quel giorno nacque anche nell’Islam quanto accennato dal professore Michel de Certeau su quella che l’Islam chiama “Jihad inferiore”, cioè la sottomissione obbligatoria all’Islam. Tornando a quanto sta continuando a manifestarsi nel “fratricidio” Israelo-Palestinese, devo specificare che il conflitto da parte palestinese è stato portato avanti solo dal terrorismo di Hamas e Hezbollah. Per contro, è da tener ben presente che il presidente Maḥmud Abbas Abu Mazen, (presidente della Palestina e della Olp dal 2005), pur duramente condannando Israele, non ha mai accennato a azioni suicide nei confronti di Israele. Sin dalla nascita di Israele, la diaspora Palestinese, popolazione che già viveva nella terra di Canaan. In Cisgiordania e Gaza, ha messo in evidenza che, non solo per loro ma addirittura per tutte le nazioni di “religione Islamica”, grazie anche al terzo Califfo Omar succeduto al Profeta Maometto, la città di Gerusalemme è considerata quale unico punto di riferimento dal punto di vista religioso. Anche per questo l’intero mondo islamico resisterà con ogni mezzo nel riconoscere questa città quale capitale di fatto d’Israele. A prescindere dall’aperta occupazione, tra il 1946-48, del territorio palestinese da parte delle migliaia di profughi ebrei scampati alle persecuzioni e al genocidio della seconda guerra mondiale prescindendo dalla Guerra dei sei giorni del 1948 che vide da parte araba la partecipazione anche delle nazioni confinanti Egitto, Siria e Giordania, Israele, in particolare Gerusalemme, dal 1967 a oggigiorno è stata oggetto di guerre e sommosse “Intifada” (scuotimento!) per ben sette volte, di la maggioranza partite dalla Spianata.La storiografia islamica insegna che dal giro mistico di Maometto (Sura n°17 del Corano), l’islam iniziò a giudicare ebrei e cristiani quali invasori. Ma ben diverso è il credo musulmano, ben orientato ad una convivenza pacifica nel mutuo rispetto delle differenti culture.Proprio per questa ultima considerazione e pensando alla possibile disponibilità del Presidente Palestinese Abu Mazen ad inglobare anche i palestinesi di Gaza, oltre alla soluzione “Due Stati per due popoli”, sarebbe auspicabile aprirsi a quella che per la nostra Europa è stata la prima forma di vera integrazione democratica tra ben 19 cantoni: la Carta Costituzionale Svizzera. Una ragione in più per eliminare la possibilità di un potere centralizzato che, per la particolare morfologia palestinese (in generale) risolverebbe di gran lunga le problematiche di potere assoluto sempre più in uso, in particolare nei paesi di religione Islamica Sciita iraniana. Forse un inizio per poter pensare concretamente ad una confederazione che possa soddisfare degnamente le differenze identitarie nel rispetto reciproco dei due popoli: la Confederazione Cananea che potrebbe coinvolgere l’attuale territorio di Israele e “una nuova Palestina”. Un buon inizio che in futuro potrebbe inglobare le tante altre Nazioni del Medio Oriente oggigiorno ancora in cerca di stabilizzazione.
*Nella Terra di Canaan, le prime tribù arrivarono dalla Mesopotamia (allora dominata dagli Ittiti) nel paese dei Cananei e si insediarono nella parte meridionale dell’attuale Palestina, unitamente ai Filistei. Da questi ultimi deriva il nome Palestina, originariamente “Palashtu”, territorio meridionale della costa palestinese, che viene citato esplicitamente anche nella “Bibbia – Esodo”. Nel “Pentateuco” viene narrato anche che, all’arrivo in Palestina, gli Ebrei subentrarono negli insediamenti dei Filistei! Se ne deduce che se Israele solo dopo 3500 anni è riuscita a legittimare la propria nazione, il popolo Palestinese, ancora oggi non ha una patria certa, riconosciuta a livello internazionale.
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