La Commedia dell’Arte: dal teatro dilettante al professionismo
di MICHELE ENRICO MONTESANO
Il professionismo nell’ambito della recitazione nasce in Italia. Con la commedia dell’arte il Teatro diventa mestiere, ragione di vita, sancisce la genesi del Teatro moderno. Più precisamente siamo a Padova il 25 febbraio del 1545. Davanti al notaio Vincenzo Fortuna, otto attori si riuniscono con il nome di “fraternal compagnia”, tra cui il capo, ser Maffeo dei Re, detto Zanini o Zane: “et primo hanno così dacordo eletto in suo capo nel recitar le sue commedie di loco in loco dove si troveranno il predito Ser Maphio” i cui compagni gli devono “obedientia di far tutto quello che lui comanderà con ciò”. Il loro intento è di recitare commedie per un anno. Il mese in cui si costituisce la compagnia e la sua durata, di un anno, non sono casuali. V’era il cosiddetto anno comico che andava da carnevale a carnevale. Durante la quaresima venivano fatte le contrattazioni tra i membri della compagnia, decise le modalità e stipulate le clausole. Infatti la “fraternal compagnia” viene costituita cinque giorni dopo il martedì grasso, che nel 1545 cadeva il giorno 20. Nel testo, tra le tante e scrupolose osservanze, c’è il divieto assoluto da parte dei membri di parlare delle commedie presenti nel repertorio. La compagnia continuerà a vivere e un anno dopo, nel 1546, viene rinnovata a Venezia, con l’aggiunta di attori originari della capitale della Serenissima. I comici della “fraternal” vanno anche a Roma, dove nel 1553 muore il suo capo, Maphio Zanin, in una rissa con Giovanni Antonio Bardi detto il Bologna, domatore di cavalli. Non sappiamo se sono proprio loro a recitare nel 1550 e 1551 davanti a Sua Santità e ricompensati con dieci scudi d’oro. La “fraternal compagnia” venne presa presto come modello. E molte altre compagnie si diffusero negli anni a seguire. Avevano tutte degli elementi ricorrenti: la scenografia era scarna o del tutto assente visto che dovevano spostarsi “di loco in loco”; era consuetudine assumersi il rischio di impresa e dividere i proventi in egual misura tra tutti i membri; e la presenza delle donne in scena era un fatto compiuto e rivoluzionario. La prima testimonianza di questo evento l’abbiamo il 10 ottobre del 1564. A Roma si costituisce un’altra compagnia e per la prima volta, tra i nomi dei fondatori, c’è una donna: Lucrezia di Siena. Una donna che interpreterà, per la prima volta, i ruoli da donna. Da ora in avanti infatti non vedremo più frasi come “Francesco, fiolo del quondam Benetto, fabro de conciarola, che fa da dona”. In un ventennio, dal 1545 al 1564, assistiamo in Italia all’avvento del professionismo e non più appannaggio di un solo genere. È un Teatro non colto, distinto dal teatro ufficiale all’interno delle corti, detto dilettante – fatto per diletto – è un Teatro professionale. “Commedia all’improvviso”, “delle maschere”, erano tutti nomi con cui veniva chiamata la commedia, ribattezzata successivamente dell’arte proprio in virtù della sua natura professionistica, intesa come mestiere – il complemento di specificazione che accompagna il sostantivo verrà utilizzato solo nel ‘700 e tra i primi vi furono Carlo Goldoni e Luigi Riccoboni. La condanna della chiesa fu dura. Tra i motivi v’erano la presenza delle donne, il vagabondaggio, le volgarità e l’interpretare altre persone. Agli attori non era concesso di essere sepolti con rito funebre. Bisognerà aspettare l’editto di Saint-Cloud emanato da Napoleone nel 1804.
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