La Cina ci ha invasi, shhh…
Nel 1957 il giornalista Enrico Emanuelli, per molti anni inviato speciale all’estero, pubblicò uno dei suoi diari di viaggio, “La Cina è vicina”. Dieci anni dopo, per averne visto la diffusione nei gruppi maoisti italiani come slogan, Marco Bellocchio scelse questo titolo per una sua commedia: “Lo adorai subito – spiegò -, perché creava quella distanza siderale che volevo rappresentare nel mio film, che raccontava di una politica piccola e provinciale”. Oggi, la Cina non è più (solo) vicina, perché l’Italia porta il segno del suo ingresso completo e totale nel nostro Paese non solo nelle insegne dei magazzini che hanno cannibalizzato il commercio di molte città.
La Cina – L’identità lo ha ricordato a proposito dell’acquisto dello storico marchio Bialetti da parte di un fondo cinese – controlla marchi e brand storici della nostra economia o vi ha investito risorse milionarie. Ma c’è pure una “invasione” inquietante che, al solito, governi di qualunque colore hanno trascurato o addirittura favorito, come all’epoca di uno dei governi Conte quando fu lanciata una gara per apparati di cui dotare le forze di polizia ove, come in un appalto di un piccolo Comune, veniva promossa la ricerca del rapporto qualità-prezzo. E chi più dei cinesi può garantire questo, quando si parla di tecnologia? Il pericolo – non è una novità, si è già scritto e segnalato, pure al governo Meloni – scatta quando il tech fa rima con il “petrolio” di questo millennio, i dati.
Se siete in un ministero, in un ufficio pubblico, in un ospedale o in un aeroporto, guardate le telecamere: sono quasi tutte cinesi. In Italia oltre il 50% delle apparecchiature 5G, soprattutto nelle reti di accesso radio, proviene da fornitori cinesi come Huawei e Zte. Abbiamo aderito al 5G Toolbox dell’Ue, un pacchetto che punta a mitigare i rischi derivanti dall’uso di fornitori di questo tipo, la cui attività ovviamente non può esplicarsi nel mondo fuori del controllo dell’intelligence cinese, ma le cose in buona sostanza non cambiano. Il Commissario Ue per la Sovranità Digitale, Henna Virkkunen, ha provato a bacchettare gli Stati membri, nulla è cambiato. Inevasa una domanda: dove finiscono tutti i dati acquisiti dal tech cinese nel nostro Paese?
Torna alle notizie in home