Attualità

La catastrofe in Spagna è (anche) una lezione per l’Ue

di Angelo Vitale -


In Spagna le vittime hanno superato quota 200 e 120mila sono gli sfollati per la furia della Dana che si è abbattuta sulla regione di Valencia. Un bilancio ancora parziale perché le autorità affermano esplicitamente che è stato solo avviato e chissà quando si concluderà il recupero di centinaia di veicoli bloccati nelle strade ricoperte dal fango, automobili e camion che potrebbero nascondere altri cadaveri. Manca, infatti, un bollettino ufficiale dei dispersi in un Paese ove ora le polemiche sull’allerta e sul primo vero allarme, in un rimbalzo di responsabilità tra istituzioni nazionali e regionali, è un altro degli indici di quella che per la Spagna è stata, e continua a rischiare di essere, una catastrofe. Paura, infatti, per ciò che la Dana potrà infliggere all’area di Barcellona già mercoledì oggetto di allerta per i tornadi e le grandinate. Dal governo Sanchez l’annuncio di tre giorni di lutto nazionale e l’invito ripetuto a prestare attenzione, in territori ove i cittadini non sono più sicuri di poter trovare un riparo efficace. Mentre nei Palazzi della politica Ue sono comparse bandiere listate a lutto e sono stati diffusi i messaggi di cordoglio della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, piuttosto che il segnale di una seria riflessione su eventuali rapidi programmi di intervento da adottare contro i fenomeni climatici estremi ormai sempre più persistenti nel Vecchio Continente. Non c’è solo la Dana a preoccupare se uno studio dell’Imperial College ha mostrato il legame tra l’aumento delle temperature causato dall’uomo e gli eventi estremi, dalla siccità in Africa alle tragiche alluvioni in Europa. Tra Europa, Africa e Asia, sono state oltre 570mila le vittime egli ultimi vent’anni per cause legate al cambiamento climatico. un tempo, inondazioni e alluvioni che colpivano Paesi lontani, relegati nelle ultime news dei tg. Oggi, pericolosamente quotidiani nei bollettini che da mesi li registrano nell’Europa del Nord come – ora – in quelli del Mediterraneo.

Nella regione di Valencia da ieri l’Esercito cerca i sopravvissuti e i dispersi “casa per casa” ed è divenuta ufficiale la notizia di un riposizionamento dei militari in campo e degli agenti delle forze dell’ordine impegnati nei soccorsi perché fin da subito, nelle città e nelle periferie, i negozi e i centri commerciali sono stati colpiti da decine di episodi di sciacallaggio – una quarantina finora gli arresti -: ciò che resta delle attività commerciali ancora aperte è ora sorvegliato da squadre di pattugliamento, ad Aldaia come ad Alfafar e nelle altre città.

Emblematico, in questa storia che rinnova il pericolo dei fenomeni climatici estremi ovunque inosservato e affrontato prima di essere subito, il racconto della deviazione del fiume che in qualche modo ha salvato il centro di Valencia da una devastazione completa. Il Turia, questo il suo nome, esondò nel 1957 provocando 300 morti, oggi invece passa a 12 km dall’abitato. I più anziani della zona ricordano ancora benissimo quella alluvione, quando il fiume fondò gli argini provocando almeno 400 morti e danni enormi in tutta la città. All’epoca, quel corso d’acqua attraversava il centro di Valencia, ora non è più così. Dopo quella tragica inondazione, il suo corso venne deviato a 12 km dal centro, ultimando i lavori nel 1973. Senza quella opera, già ieri la furia della Dana avrebbe provocato più morti e più danni.

Al posto dell’antico letto del fiume, oggi c’è il Giardino del Turia, uno dei parchi naturali urbani più grandi e visitati della Spagna, uno spazio verde di oltre nove chilometri con strutture sportive e la celebre Ciudad de las Artes y las Ciencias, opera dell’architetto Santiago Calatrava. E il nuovo letto del fiume fu dotato di una capacità di oltre 5mila metri cubici di acqua, molti di più rispetto ai 3700 del precedente corso in città. Una lezione che viene da oltre 60 anni fa. Oggi trascurata in Spagna mentre si cercano i corpi dei dispersi.


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