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Juve corto muso addio: è primato. In coda precipita la Salernitana

di Giovanni Vasso -


Corto muso, addio: mentre l’Inter aspetta la finale di Supercoppa a Riyadh, la Juve si guadagna il primato a suon di gol. Pare strano, stranissimo da dire. Ma i numeri della squadra di Max Allegri non mentono. Dopo l’ultima vittoria di “corto muso”, appunto, contro la Roma (1-0), i bianconeri hanno segnato sei gol alla Salernitana (contro cui, poi, ha vinto in campionato per 2-1 in rimonta all’Arechi)  e quattro al Frosinone in Coppa Italia mentre ne hanno fatti tre al Sassuolo e al Lecce in campionato. Sedici gol bastano a questa Juve per rottamare il corto muso e far tornare, almeno per un po’, il sorriso sulle labbra dei tifosi. La squadra si gode la ritrovata vena realizzativa di Dusan Vlahovic, quattro gol pesantissimi nelle ultime due partite, che valgono il primato bianconero. Certo, l’Inter ha una gara in meno. Ma dovrà recuperarla contro l’Atalanta di Gasperini. E, per di più, nel ruolo scomodo e inedito, in questo torneo, di inseguitrice. I nerazzurri dovranno dimostrarsi la lepre ma la Juventus ha già messo in chiaro di avere il Biscione nel mirino e di non avere la minima intenzione, nonostante il low profile di prammatica di mister Allegri, di lasciare all’Inter campo libero per lo scudetto che, ai nerazzurri, varrebbe la seconda stella.  La Juve senza più corto muso, almeno per un po’, guasta la festa saudita agli eterni rivali interisti. 

Dalla testa alla coda. Il Cagliari rimedia una scoppola a Frosinone. I giallazzurri di Di Francesco, in crisi di punti e risultati, centrano una vittoria tonicissima che rilancia la squadra di Soulé (meraviglioso gol su punizione) in chiave salvezza tranquilla. Per i sardi di sir Claudio Ranieri è una comunque sconfitta indolore. Dietro, infatti, si muove soltanto l’Empoli, galvanizzato dalla cura di uno specialista in missioni impossibili come Davide Nicola, che stritola il Monza per 3-0. Il Verona, invece, cede l’intera posta alla Roma che festeggia, con una gioia, l’esordio in panchina di Daniele De Rossi: da capitan Futuro a traghettatore presente per non far sentire troppo l’amarezza dell’addio a José Mourinho.

De profundis Salernitana. La squadra di Pippo Inzaghi, che non era in panchina perché squalificato per un turno, va in vantaggio dopo poco più di un minuto di gioco con una bordata in area dell’argentino Agustin Martegani, al primo gol in A. Ma il Genoa di Alberto Gilardino riesce nell’impresa di sfangarla e di portarsi a casa i tre punti senza fare praticamente nulla di che. Prima Retegui pareggia, approfittando di una dormita della difesa salernitana, poi si becca uno snack piovuto dagli spalti che Strootman scarta e mangia sfidando i tifosi di casa. Poi, nel secondo tempo, il centrale granata Matteo Lovato sbaglia sport e colpisce in piena area col gomito un innocuo passaggio rossoblù. Un fallo di mano tanto netto che nemmeno si scomoda il Var. Orsato non ha dubbi. Dal dischetto l’islandese Gudmundsson non sbaglia. Al triplice fischio finale, Antonio Candreva (tornerà alla Lazio in questo mercato invernale?) quasi scoppia in lacrime. A differenza dell’alunno di cui, a scuola, i maestri dicevano “è intelligente ma non si applica”, questa Salernitana, messa su anche con l’ausilio dell’algoritmo, si applica pure ma ogni sforzo è vano a causa del gap tecnico di una squadra povera di valori tecnici. A Walter Sabatini, subentrato da qualche settimana all’ex diesse Morgan De Sanctis, la sfida ardua di tentare un’improbabile rimonta. Se possibile, ancora più ardua di quella centrata un paio di stagioni fa proprio a Salerno.  

Manca Udinese-Milan. Ma qui il calcio lascia il passo ad altre storie. Ben più gravi. Di cui si dovrà parlare nelle sedi appropriate. 


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