Esteri

Julian Assange è un uomo libero, può tornare a casa

di Rita Cavallaro -


Joe Biden si è tolto una spina dal fianco nella sua nuova corsa alla Casa Bianca e ha liberato Julian Assange. Finalmente, dopo cinque anni di carcere, il cofondatore di Wikileaks è stato rilasciato dalla prigione di Belmarsh, a Londra, dove è rimasto recluso per ben 1.900 giorni a seguito di un calvario giudiziario iniziato nel 2010, quando proprio su Wikileaks pubblicò documenti statunitensi secretati, ricevuti dalla ex militare Chelsea Manning, inerenti crimini di guerra americani. Assange ha così reso pubblici migliaia di documenti riservati sulle guerre di Washington in Afghanistan e Iraq, le più grandi violazioni della sicurezza di questo tipo nella storia militare degli Stati Uniti, insieme a una serie di dispacci diplomatici. L’attivista australiano, su cui pendeva un’estradizione negli Stati Uniti dove rischiava 175 anni di galera, da ieri è di nuovo un uomo libero. La sua scarcerazione, che arriva al culmine di mesi di trattative sotterranee con Washington, è stata resa possibile grazie un accordo che Assange ha sottoscritto con il governo federale. Il presidente Biden, negli ultimi mesi, aveva fatto capire che esisteva uno spiraglio per arrivare alla liberazione che il mondo chiedeva a gran voce, anche se funzionari dell’Fbi e del Dipartimento di giustizia si sono opposti a qualsiasi intesa che non includesse una dichiarazione di colpevolezza. Fonti della Casa Bianca, però, hanno fatto sapere nelle ultime ore che, nonostante le trattative siano andate avanti con il Dipartimento di Giustizia Usa, l’amministrazione non è stata coinvolta nella decisione. Il cofondatore di Wikileaks ha infine accettato di dichiararsi colpevole dei reati contestati, tra cui quello di spionaggio, in cambio della sospensione della pena, ritenuta scontata, e della propria libertà. E così ha potuto “lasciare il carcere di massima sicurezza di Belmarsh la mattina del 24 giugno, dopo avervi trascorso 1.901 giorni”, si legge in un comunicato pubblicato sull’account X di Wikileaks. “Gli è stata concessa la libertà su cauzione dall’Alta corte di Londra ed è stato rilasciato nel pomeriggio all’aeroporto di Stansted, dove si è imbarcato su un aereo ed è partito dal Regno Unito”. Destinazione: le Isole Marianne Settentrionali. Assange dovrà d’altronde tornare sul territorio americano per presentarsi, già questa mattina, davanti a un giudice per firmare il patteggiamento. Secondo l’accordo che verrà ratificato nelle prossime ore in tribunale, all’attivista dovrebbero essere riconosciuti i cinque anni già scontati e dichiarata estinta la pena, senza il rischio di essere nuovamente incarcerato. La Cnn ha fatto sapere, infatti, che i procuratori del dipartimento di giustizia americano, incassata la dichiarazione di colpevolezza dell’australiano, chiederanno una condanna a 62 mesi, che equivale appunto agli oltre cinque anni già scontati in una cella di due metri per tre a Londra, consentendo così ad Assange di tornare immediatamente a casa. Al termine dell’udienza, quindi, Assange prenderà un volo e potrà finalmente rientrare in Australia, dove riabbraccerà la moglie Stella. “Sono semplicemente euforica, è incredibile, mi sembra irreale che sia libero”, ha detto la signora Assange, che ha sottolineato come la scelta di Julian di dichiararsi colpevole è stata semplicemente una decisione legale tattica per permettere al giornalista di sottrarsi alle dure condizioni detentive e al rischio di dover morire in prigione, non certo un’ammissione di colpevolezza. Stella ha anche chiarito che il marito ha intenzione di chiedere poi in futuro pure la grazia al presidente americano, per cancellare gli effetti dell’accordo sul riconoscimento di colpevolezza di uno dei 18 capi d’accusa sollevati da Washington. Anche perché Assange e i suoi sostenitori, tra cui organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dell’informazione quali Amnesty International o Reporter Senza Frontiere, hanno sempre bollato la vicenda come una vendetta “politica” degli Stati Unito contro la diffusione da parte di Wikileaks dei dossier che hanno svelato i crimini di guerra commessi in Iraq e Afghanistan.


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