Editoriale

Israele ci vuole fuori dal Libano

di Adolfo Spezzaferro -


Israele ha attaccato deliberatamente le basi dei caschi blu della missione di pace Unifil lungo il confine con il Libano, nella cosiddetta Linea Blu. La violazione del diritto internazionale – colpire chi sta lì per portare la pace – ha scatenato l’ira del governo: “Italia e Onu non prendono ordini da Israele”. Ci sono oltre mille nostri militari, che per fortuna non sono rimasti feriti, nelle basi colpite. In una conferenza stampa a seguito dell’incontro tra il ministro della Difesa Guido Crosetto e l’ambasciatore d’Israele in Italia, convocato d’urgenza, Crosetto ha dichiarato che l’attacco è inammissibile e che rientra tra i possibili crimini di guerra da parte di Israele. Parole durissime ma commisurate. Poi il ministro ha spiegato che poiché le forze armate dell’Idf hanno deliberatamente colpito le postazioni Unifil ha chiesto ragioni di tale attacco. Poiché non sono stati esplosi colpi contro una torretta e altre infrastrutture dei caschi blu – come per esempio le videocamere – per sbaglio ma di proposito, il governo italiano esige spiegazioni. Ma Crosetto ha spiegato che l’ambasciatore non ha saputo (o voluto?) rispondere e che l’addetto militare di Tel Aviv non era presente all’incontro. Per rendere l’idea della gravità della situazione e di come sia totalmente inaccettabile quanto fatto da Israele vi citiamo alcuni passaggi della dichiarazione ufficiale dell’Unifil a seguito dell’attacco subìto. “La recente escalation lungo la Linea Blu sta causando la distruzione diffusa di città e villaggi nel Libano meridionale, mentre continuano a essere lanciati razzi verso Israele, comprese le aree civili. Negli ultimi giorni abbiamo assistito a incursioni da Israele in Libano a Naqoura e in altre aree. I soldati delle Forze di difesa israeliane (Idf) si sono scontrati con elementi di Hezbollah sul terreno in Libano. Il quartier generale di Naqoura dell’Unifl e le posizioni vicine sono state ripetutamente colpite. Due peacekeeper sono rimasti feriti dopo che un carro armato Merkava dell’Idf ha sparato verso una torre di osservazione, colpendola direttamente e facendoli cadere. I soldati dell’Idf hanno anche sparato a Labbouneh, colpendo l’ingresso del bunker dove si erano rifugiati i peacekeeper e danneggiando veicoli e un sistema di comunicazione. Un drone dell’Idf è stato osservato volare fino all’ingresso del bunker”. Ancora, “i soldati dell’Idf hanno deliberatamente sparato e disattivato le telecamere di monitoraggio perimetrale della posizione”. Infine Unifil, dopo aver ribadito che le basi e il personale Onu sono inviolabili e inattaccabili, ricorda che “qualsiasi attacco deliberato ai peacekeeper è una grave violazione del diritto internazionale umanitario e della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza”. Risoluzione del 2006 che imponeva il ritiro dell’Idf dai territori occupati e il ridispiegamento delle forze armate libanesi nell’area. E soprattutto che prevedeva e prevede la cessazione permanente delle ostilità. Il messaggio mandato via cannoneggiamenti da Israele sembrerebbe quello che le basi Unifil non sono al sicuro, che le telecamere non devono poter testimoniare eventuali attacchi in caso di invasione e soprattutto che i caschi blu farebbero meglio ad andarsene. In tal modo non ci sarebbe più protezione Onu sui villaggi del sud del Libano. È uno scenario agghiacciante, però ci sembra plausibile e pure probabile. Anche perché Israele avrebbe chiesto a Unifil di spostarsi di cinque chilometri dal confine, ma Unifil (fino a ora) ha rifiutato.


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