Iran: “Risposta in modo preciso, calcolato e controllato contro Israele”
L’Iran non ha abbandonato l’idea di rispondere militarmente a Israele per l’uccisione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuta a Teheran il 31 luglio. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araqchi, ha detto ai suoi omologhi di Germania, Francia e Regno Unito, “che l’azione del regime sionista nel violare la sicurezza e la sovranità dell’Iran non rimarrà senza risposta e la Repubblica islamica dell’Iran darà la sua risposta in modo preciso, calcolato e controllato, tenendo conto di tutte le dimensioni necessarie”. “Questa vendetta avverrà al momento giusto e nel modo giusto”, ha aggiunto Araqchi, citato dall’agenzia iraniana Mehr.
In una conversazione telefonica separata, il capo della diplomazia iraniana, ha riferito al francese Stephane Sejourne che l’Iran si aspetta che gli Stati occidentali si concentrino su Israele, “in quanto principale responsabile”, per evitare l’espansione della guerra. Sejourne, da parte sua, ha sottolineato la necessità di un dialogo tra tutte le parti per raggiungere la pace.
In un’intervista rilasciata alla tv di Stato, Abbas Araqchi ha dichiarato che il nuovo governo iraniano cercherà di “gestire le tensioni” con gli Stati Uniti, per “ridurre il più possibile il costo di questa ostilità e la sua pressione sulla nazione”.
Araqchi, che è stato uno dei principali negoziatori dell’accordo sul programma nucleare del 2015, ha annunciato che sarà data priorità ai “Paesi vicini” e a quelli africani, insieme agli storici alleati come Cina e Russia. Critiche all’Europa per aver “adottato politiche ostili” nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran.
Non si placa la tensione con Hezbollah. Il gruppo sciita ha rivendicato nuovi attacchi nel nord di Israele con droni contro i soldati di Tel Aviv posizionati vicino al villaggio di Yaara, evidenziando che li ha colpiti “con precisione”. I miliziani di Nasrallah hanno fatto sapere sui social di aver preso di mira anche il sito militare “Maskafam”.
Il capo di Stato Maggiore dell’esercito degli Stati Uniti, Charles Q. Brown, è arrivato in Giordania per una missione a sorpresa. Brown ha in programma un tour nella regione con l’obiettivo di cercare di evitare una nuova escalation.
Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha depositato una memoria in cui sollecita un collegio di giudici preliminari a “rendere urgentemente note le proprie decisioni” sulle richieste da lui presentate a maggio. Khan ha affermato che “qualsiasi ritardo ingiustificato in questi procedimenti incide negativamente sui diritti delle vittime”.
Il procuratore aveva richiesto mandati di arresto per il primo ministro israeliano Netanyahu, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il leader di Hamas Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh. Gli ultimi due sono stati eliminati da Israele.
L’esercito israeliano ha emesso nuovi ordini di evacuazione dei quartieri nel nord di Gaza, in seguito agli intensi raid su varie parti di tutto il territorio palestinese. Fino a questo momento sono stati fatti sfollare il 90% dei 2,1 milioni di residenti, ha reso noto il massimo funzionario umanitario delle Nazioni Unite per il territorio palestinese.
Nell’enclave palestinese la situazione è sempre più grave. “A Gaza l’80% delle case è distrutto. Le infrastrutture non esistono più. Non c’è acqua e il sistema fognario è saltato in aria a causa delle bombe. Immaginate la vita in queste condizioni e in uno scenario di guerra in continua evoluzione e del quale non si intravede la fine”. A testimoniarlo è stato il patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, in occasione della sua visita in Basilicata.
Il conflitto a Gaza ha avuto pesanti ripercussioni anche nel resto della Terra Santa. “È tutto fermo, ha osservato Pizzaballa, come riporta il Sir, soprattutto nel campo edile. Prima del 7 ottobre, 200 mila palestinesi lavoravano nelle ditte in Israele. Dallo scoppio della guerra non lo fanno più con ripercussioni che facilmente sono immaginabili”.
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