Politica

Intervista a Stefania Craxi: “Le nuove sfide faranno bene all’Ue: rapporto con Usa insostituibile”

di Laura Tecce -

STEFANIA CRAXI - SENATRICE


Washington da una parte e Bruxelles dall’altra, mentre gli Stati Uniti procedono con i negoziati con la Russia senza coinvolgere l’Europa, quest’ultima procede in ordine sparso. E, come era prevedibile, la riunione informale tra i leader europei convocata dal presidente francese Emmanuel Macron all’Eliseo, si è conclusa senza nessun annuncio concreto.

“Il vertice, che doveva essere più inclusivo, è sostanzialmente una reazione alle parole di Vance” osserva la presidente della commissione Esteri e difesa del Senato Stefania Craxi. “Ma il tema su cui focalizzarsi, lo ripeto da mesi, non è Trump, la cui amministrazione è di certo sfidante e presenta incognite per il prossimo futuro, ma l’Unione europea. L’Ue non è un soggetto e non è quindi percepita come un interlocutore, non ha un’agenda condivisa e una posizione comune sui principali dossier internazionali. Inoltre, la retorica in molti casi ha preso il sopravvento sulla razionalità e il rischio che ciò capiti anche al rapporto atlantico è altissimo. Ma il dialogo Europa-Stati Uniti va messo al riparo, non è un’opzione, è necessario, e va alimentato nella franchezza da entrambe le parti, con saggezza e consapevolezza delle sfide E va fatto partendo dal dossier ucraino. In tal senso, giudico positivo il gesto di Macron di far precedere la riunione con una chiamata a Trump”.

Una delle ipotesi sul tavolo era anche quella di indicare Angela Merkel come possibile negoziatore. Se dovesse eventualmente andare in porto, sarebbe utile?
“In questa fase non mi attarderei sul nome di un possibile negoziatore. Piuttosto, capirei la natura dell’eventuale mandato che l’Unione europea, i paesi membri, sarebbero disponibili a conferirgli. Chiunque sia il negoziatore, deve poter lavorare avendo un mandato pieno, chiaro e definito. Altrimenti rischia di essere non solo una fatica di Sisifo, ma un boomerang per la stessa Unione. Semplificando, chiunque sia il negoziatore non può essere smentito, o anche solo indebolito il giorno dopo, gli impegni che dovrà assumere, e che farà assumere, dovranno essere rispettati”.

Lo scorso week end alla conferenza sulla sicurezza di Monaco i discorsi pronunciati dal presidente ucraino Zelensky e dalla presidente della Commissione Ue von der Leyen da una parte e dal vicepresidente Usa JD Vance dall’altra, hanno messo in evidenza quanto le due sponde dell’Atlantico abbiano visioni diverse…
“Non sono convinta che, nelle questioni di fondo, ci sia una sostanziale diversità di vedute. Guardiamo ad esempio al settore della Difesa. Gli Stati Uniti ci chiedono – e non da oggi con Trump – un maggiore impegno finanziario, certo, ma anche politico. Questo non contraddice, anzi rafforza l’esigenza di un maggiore protagonismo europeo sullo scenario internazionale. E, peraltro, consolida l’idea di una difesa comune europea che non può che svilupparsi come parte integrante dell’Alleanza atlantica”.

Condivide i dubbi del premier Meloni rispetto all’invio di uomini al fronte ucraino?
“Condivido, e non per spirito di partigianeria, le perplessità del Presidente del Consiglio e quelle espresse dagli stessi ministri Tajani e Crosetto. Tra l’altro, non è un bizantinismo italiano; nel corso dell’incontro sono stati espressi dubbi da altri capi di Stato, come quello spagnolo e polacco. Io credo che si possano e si debbano esplorare anche altre strade. Nessuno esclude a priori una missione di peacekeeping, se utile e concordata, ma in questo contesto il solo impegno europeo indebolirebbe la missione stessa. Cosa diversa sarebbe una missione internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite”.

Meloni ha invece espresso condivisione rispetto all’analisi di Vance su un presunto arretramento dell’Europa su valori fondamentali e condivisi con gli Usa. Lei che ne pensa?

“La posizione di Meloni è molto più articolata e approfondita di come è stata rappresentata. Io credo che se molti maître à penser, pronti a dispensare pagelle e patenti di legittimità a tutti, avessero letto il volume di Vance, “Elegia americana”, comprenderebbero maggiormente cosa si muove nella società americana, capirebbero tutta l’impostazione della politica dei dazi, e contestualmente avrebbero ben chiara la sfida che si staglia al nostro orizzonte. Siamo in una nuova fase dei rapporti, ma sono persuasa che questa sfida farà bene all’Europa. Però di una cosa sono certa: il rapporto con gli Usa non è sostituibile per l’Europa, proprio perché i valori di fondo che ci muovono sono comuni”.


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