Esteri

Intervista a Sergio Vento – Da Orbàn a Trump: “L’anticipazione di un possibile successo”

di Martina Melli -


“Il multipolarismo è una realtà, mentre il multilateralismo è un metodo di lavoro”. A dirlo, Sergio Vento ex Ambasciatore d’Italia a Belgrado, Parigi e Washington e Rappresentante Permanente alle Nazioni Unite.

Se Trump vincesse le elezioni prevedrebbe un impatto positivo sulle guerre in Medioriente e in Ucraina?
Trump sostiene formule diplomatiche che possono condurre a una soluzione del conflitto in Ucraina, con la capacità di comprendere quelle che erano le preoccupazioni della Russia senza rinunciare alle esigenze di sicurezza occidentali ed europee. Anche la crisi mediorientale rappresenta un vuoto politico-diplomatico colmabile con una soluzione basata sui due stati.
J.D. Vance, candidato vicepresidente, in passato era critico del tycoon, ora ha cambiato idea. Cosa dobbiamo aspettarci da lui?
È il segno di voler allargare la base di consenso repubblicano. Vance punta a varie constituency: quella fiscale per i redditi più alti, quella religiosa della “Bible Belt”, quella della capacità industriale per frenare l’offshoring verso Asia e Messico. La sua giovane età è un segnale di dinamismo che si stacca dalla routine di Washington. E il background sociale sfavorevole con gli accenni all’uguaglianza delle posizioni di partenza è un’incursione nel campo democratico.
Biden appare fuori corsa. Chi sarà il candidato democratico?
Nelle alte sfere del Partito Democratico è in corso una frenetica ricerca di soluzioni alternative. Avremo un mese di tempo da qui alla Convention Democratica di Chiago per capire cosa scaturirà. Allo stato attuale, la lotteria dei nomi di uomini e donne lascia un po’ il tempo che trova.
Il fallito attentato a Trump ha portato una certa destra repubblicana, a identificarlo come un nuovo messia. Quanto potrà influenzare l’esito elettorale?
Trump che esce non soltanto eroico, ma miracolato quasi nella forma di nuovo messia, si plasma con le tradizionali venature evangeliche dell’elettorato repubblicano. L’attentato può avere molto effetto nei swinging states come Ohio, Pennsylvania, Michigan, Georgia, Arizona.
L’appello all’unità pronunciato da Trump a Milwaukee riuscirà a stemperare il clima di odio?
L’appello a Milwaukee è indubbiamente positivo, come è speculare l’appello di Biden, che stempera l’espressione infelice di mettere Trump nel mirino. Gli appelli sono positivi e tendono anche a superare l’immagine del 6 gennaio 2021.
A quale scenario geopolitico andiamo incontro?
Uno scenario multipolare, evitando contrapposizioni nette, tipo il bene contro il male o democrazie contro autocrazie. Al di là delle confusioni, il multipolarismo è una realtà, mentre il multilateralismo è un metodo di lavoro. Alcune strutture multilaterali si sono rivelate difettose negli ultimi 20 anni.
L’annuncio dal Cremlino del dispiegamento di missili nucleari in risposta allo schieramento in Germania di testate USA ricorda la crisi degli euromissili. Quali valutazioni, oggi?
Qui siamo invece in presenza di quanto non sia auspicabile, quello che i francesi definiscono la “course ascendante” ovvero la corsa al rialzo, una specie di asta pubblica di chi è più preparato, più attrezzato, più minaccioso. Con il dispiegamento dei missili americani in Germania ed una serie di dichiarazioni dell’ex presidente russo Medvedev assistiamo a forme di pericoloso infantilismo.
Il semestre ungherese di presidenza Ue si è aperto con le iniziative di Orban che hanno scatenato la censura delle istituzioni Ue. A cosa stiamo assistendo?
La presidenza UE conferisce alla diplomazia di Budapest una maggiore visibilità di cui Orban legittimamente approfitta. Con la creazione di questo gruppo parlamentare cerca inoltre un rimescolamento di carte con alcune formazioni identitarie e populiste. Con le visite di Orbán a Mosca, Pechino e Kiev c’è anche un posizionamento in anticipo rispetto al possibile successo di Trump.
Il suo ultimo libro si intitola Il XX secolo non è finito: crede che fenomeni di lunga durata come il nazionalismo ottocentesco siano tornati ad agire sul nostro presente?
Il libro è un omaggio alla memoria che, come diceva Schopenhauer, è la migliore alleata della verità. O come affermava Orwell, chi controlla il passato controlla il futuro. A parte citazioni più o meno qualificate, il libro riguarda alcuni decenni di esperienza vissuta direttamente e intende ridimensionare analisi carenti e fallaci degli avvenimenti. È difficile vedere un periodo in cui il nazionalismo sia mai tramontato. I nazionalismi, se si vogliono evitare le guerre, vanno interpretati in termini di armonizzazione degli interessi nazionali in un’area geo-politica.


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