Intervista a Domenico Razza, presidente del comitato Difendiamo Casal Selce
protesta a Casal Selce
Perché siete contrari alla realizzazione del biodigestore a Casal Selce?
Questa zona è classificata e vincolata come Par, ovvero Paesaggio Agrario di Rilevante Valore e fa parte dell’agro romano occidentale, come si evince dal piano regolatore della regione Lazio confermato nel 2021. In quest’area non è quindi possibile costruire nemmeno un muretto a secco. Figurarsi un impianto industriale per la gestione di 120 mila tonnellate di rifiuti organici commettendo un reato ambientale. Ma la cosa più grave è che la zona individuata da Gualtieri è contigua a Malagrotta, la più grande discarica d’Europa, che sta ancora pagando i danni ambientali e alla salute delle persone. Allora la questione misteriosa è: perché si vuole continuare ad insistere su un territorio già martoriato? Interrogativo posto anche dall’On. Morrone, presidente della commissione bicamerale ecomafie, in una recente intervista alla rai, a seguito del sopralluogo effettuato con l’intera commissione. Anche lo studio epidemiologico effettuato da Asl ed Eras Lazio di novembre 2023 ha confermato che qui il tasso dei tumori è più elevato rispetto ad altre zone della Capitale. Gualtieri è ridicolo quando afferma che siamo lontani, fingendo di ignorare che l’area dista solo 3 km da Malagrotta. E ancora, le abitazioni sono solo a 250 metri dall’impianto. Praticamente i cittadini ci vivrebbero dentro.
Allora, perché vuole realizzarlo in quella zona?
In quest’area abbiamo già dato tutto quello che si poteva dare per i rifiuti di Roma, oltre l’inimmaginabile. Ormai siamo in presenza di un vero e proprio razzismo ambientale operato contro la nostra comunità. Vedete, il razzismo ambientale è una realtà spesso sottovalutata, ma profondamente radicata nelle dinamiche sociali ed economiche. Lo dimostra il modo in cui il piano rifiuti del commissario Gualtieri è gestito e trattato e che, quindi, riflette una disuguaglianza strutturale, creando un’evidente e non contestabile disparità nei nostri confronti. La sua politica di gestione dei rifiuti ignora o, peggio ancora, minimizza le preoccupazioni della nostra comunità. La scelta sulla collocazione del biodigestore è stata presa come il dittatore del secolo scorso, senza un coinvolgimento significativo della comunità locale, riducendo così la nostra capacità di difendere la nostra salute ed il nostro ambiente già fortemente penalizzati.
Secondo lei, dove dovrebbe essere realizzato l’impianto?
Senza voler entrare nel merito della coerenza – o meglio, nella incoerenza – del piano rifiuti del commissario Gualtieri, è banale comprendere che un impianto industriale deve essere collocato in un’area industriale e non in una vincolata e paesaggisticamente di rilevante valore. Non mancano delle aree industriali dismesse nella Capitale dove collocare l’impianto, magari anche vicino a depuratori fognari visto che il biodigestore utilizza i fanghi di depurazioni per il processo di digestione anaerobica. Come comitato siamo riusciti, con facilità, ad individuare 4 possibili siti alternativi che non presentano le criticità che si riscontrano invece nella nostra zona. Perché Gualtieri non ha voluto fare nemmeno questa semplice ricognizione? Per quale oscuro motivo vuole continuare ad insistere in quest’area? È auspicabile che la magistratura inizi a prendere in considerazione questi interrogativi sollevati anche dal presidente Morrone della commissione ecomafie.
Cosa state facendo per contrastare la costruzione dell’impianto?
Abbiamo presentato 4 ricorsi al Tar Lazio con corposa documentazione in cui si elencano le diverse illegittimità. Abbiamo evidenziato la circostanza che il biodigestore sorgerebbe a circa 1 km dal confine di un’area facente parte della rete natura 2000 (la rete ecologica dell’Ue per la conservazione della biodiversità terrestre e marina) e direttiva uccelli, designata come Zsc – zona speciale di conservazione dlel ministero dell’ambiente. Sottolineo che l’attuale politica europea di gestione dei rifiuti va invece nella direzione delle 3 R della sostenibilità ambientale: ovvero riduci, riutilizza, ricicla.
Quindi sono impianti nocivi?
Assolutamente sì! Ci sono diversi studi che lo dimostrano. Durante il processo di decomposizione anaerobica dei rifiuti, vengono emessi gas tossici come l’acido solfidrico e l’ammoniaca. L’esposizione a questi gas causa irritazioni e problemi alle vie respiratorie, mal di testa e, in casi estremi, danni permanenti, ovvero tumori. Oltre a inquinamento dell’aria e contaminazione delle acque di falda. Per non parlare del risultato finale di lavorazione, ovvero del fango digestato che è una vera e propria bomba di virus e batteri che vorrebbero spacciare per compost utile all’agricoltura. In realtà si dovranno spendere altri soldi per smaltirlo in depuratori speciali. Noi non ci fermeremo. Abbiamo istituito un presidio permanente sul sito dove un cittadino ha iniziato lo sciopero della fame da diversi giorni per protestare contro questa ingiustizia e discriminazione ambientale.
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