Intervista a Federico Palmaroli: “Il successo della mostra sul Futurismo la miglior risposta alle critiche”
Avrebbe dovuto chiudere i battenti il 28 febbraio la tanto discussa mostra “Il Tempo del Futurismo” inaugurata lo scorso 3 dicembre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Premiata dal pubblico, al momento siamo a quota 105 mila visitatori, l’esposizione promossa e sostenuta dal ministero della Cultura e curata da Gabriele Simongini, è stata invece prorogata fino al 27 aprile. Record di affluenza anche per “Vita Futurista”, il ciclo di talk organizzati da Federico Palmaroli, autore satirico e ideatore de #lepiubellefrasidiosho.
“Ovviamente, è bene precisarlo, non ho messo bocca sulle opere in esposizione e una delle contestazioni che mi è stata fatta è paradossalmente proprio questa – puntualizza subito Palmaroli a scanso di equivoci -. Io ho curato esclusivamente questo ciclo di talk di approfondimento incentrati su come il futurismo abbia declinato la propria visione artistica nella vita quotidiana: nella cucina e nella moda, ma anche nel teatro, nell’architettura e nella musica. Ho voluto dare questo titolo, ‘Vita futurista’, proprio per far capire come il futurismo sia entrato all’epoca nella quotidianità delle persone e come nei tempi moderni sia presente come eredità. I talk, organizzati il sabato pomeriggio in alcune date prestabilite all’interno dello spazio espositivo, hanno riscosso un grande successo, ovviamente grazie al successo della mostra ma anche come evento a sé stante. Obbiettivamente c’è molto interesse nei confronti del futurismo e di tutto quello che ha rappresentato. Probabilmente, prima della fine della mostra, organizzeremo altri due incontri”.
Nella quarta di copertina del tuo ultimo libro ti definisci “insofferente, goliardico, non allineato e grande appassionato di futurismo”… Come nasce il tuo interesse per questo movimento?
“Già da piccolo mi appassionava ma se dovessi dirti una data ti direi il 2001, l’anno della mostra sul Futurismo al Palazzo delle Esposizioni. Fu un vero e proprio colpo di fulmine e da allora ho cominciato ad approfondire la materia, senza mai diventare un esperto ma diventandone un conoscitore. Sono stato attratto soprattutto dalla letteratura futurista, Filippo Tommaso Marinetti è uno di quegli autori che dovrebbe essere studiato a liceo ma viene purtroppo tenuto ai margini. Per me cultura di destra vuol dire soprattutto tutta quella cultura che nessuno ti insegna e che devi andare a cercare e approfondire da solo”.
Questa mostra è stata accompagnata da polemiche feroci e preventive. Hanno tentato in tutti i modi di screditare tutti gli attori coinvolti, dal ministero della Cultura al curatore. Come ti spieghi tutto questo astio?
“Mah sai… il punto fondamentale è quello dell’associazione futurismo-fascismo, è ovvio che è una corrente artistica che ha avuto il suo sviluppo negli anni del Ventennio ma lo stesso Marinetti poi da alcune cose del fascismo si distaccò, e comunque è un movimento che ha avuto un’espansione anche in Russia e in Francia. Associare immediatamente il futurismo al fascismo appare dunque molto pretestuoso e in ogni caso parlare di fallimento ancor prima che l’esposizione aprisse i battenti ti dà l’idea di quanto queste critiche preventive siano state fuori luogo, oltre che smentite dai numeri. Ovviamente la critica è sempre legittima e certo non sarò io ad entrare nel merito perché non sono un critico d’arte, ma andrebbe fatta ex post e non ex ante. In ogni caso l’obiettivo secondo me doveva essere dare vita ad una mostra ‘pop’, nel senso di popolare e, visto il riscontro e il fatto che sia stata addirittura prorogata, lo è stata”.
A proposito di fascismo continuamente tirato in ballo, concludiamo con una frase di Marinetti: “Noi affermiamo come principio assoluto del futurismo il divenire continuo e l’indefinito progredire fisiologico e intellettuale dell’uomo”…
“Molte intuizioni del Futurismo, che non a caso era un’Avanguardia, sono attuali anche in questa epoca moderna. Quindi, invece di chiamare in causa sempre a sproposito il passato, sarebbe ora di guardare avanti. Marinetti aveva una sorta di idiosincrasia per ‘i torcicolli nostalgici’ che correggeva facendo indossare metaforicamente dei ‘colletti d’acciaio’. Quindi, ecco, andiamo avanti”.
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