Dossier Ai

Intelligenza artificiale, il primato Ue è solo sulle carte (bollate)

di Giovanni Vasso -

Thierry Breton


L’Ue ambisce al primato per l’intelligenza artificiale. L’obiettivo dell’Unione europea è stato fissato dal commissario Ue al mercato interno Thierry Breton. Che, in un’intervista rilasciata a Milano Finanza ha riferito della volontà di Bruxelles di non perdere (ulteriore) tempo per farsi trovare pronti all’appello della tecnologia che promette di avere un impatto inimmaginabile sul mondo come lo conosciamo. Breton gonfia il petto d’orgoglio parlando dell’Ai Act, il primo regolamento globale sull’intelligenza artificiale, che ambisce a diventare uno standard globale. Almeno questo, l’Unione europea, può vantarlo. Mentre tutti gli altri, dagli Usa fino alla Cina, stavano lavorando agli algoritmi, alle materie prime e ai piani di ricerca e sviluppo dell’Ai, l’Ue, fedele alla sua natura burocratica, almeno è riuscita (prima degli altri) a normare un settore delicatissimo e, potenzialmente, rivoluzionario. Adesso occorrerà comprendere se le norme Ue saranno davvero rispettate o meno. Ma questa è un’altra storia. L’esistenza di un regolamento è necessaria per evitare che possa accadere, in Europa, quello che nel mondo è accaduto con le grandi major digitali. Startup che si sono trasformare in Over the Top. E che, con la crescita (a dismisura) di giganti come Google, Meta, Amazon, hanno sicuramente creato un vulnus nella libera concorrenza (ne sa qualcosa anche, se non soprattutto, Microsoft). Che si è riflessa, fatalmente, su tanti altri settori dell’economia. A cominciare dall’industria culturale.

Breton è convinto che l’Ai Act “consentirà all’Europa di essere un pioniere nell’intelligenza artificiale affidabile”. E, per evitare distorsioni di mercato, il commissario Ue spiega che l’applicazione delle norme “richiederà agli sviluppatori di questi modelli sistemici di adottare specifiche misure di valutazione e gestione del rischio”. Si ripropone, per l’Ai, l’argomento cruciale del copyright. “Le norme sono chiare – rassicura Breton – i creatori hanno il diritto di opporsi all’uso delle loro opere protette da copyright per addestrare modelli di intelligenza artificiale. Questo principio di base rimane sempre valido”.

Ma c’è un problema. Gigantesco. L’Europa potrà avere le regole ma le manca, forse, il meglio. Non c’è un campione digitale, in tutto il Vecchio Continente, che possa davvero competere con gli americani che un primato, vero, se lo sono già conquistati. E lo hanno fatto piazzandosi sul mercato prima di tutti e facendolo addirittura con due progetti diversi, ChatGpt di OpenAi e Bard di Google. In attesa del terzo, Grok di Elon Musk. L’Ue può solo sperare che il mondo si lasci influenzare dai suoi standard per normare l’intelligenza artificiale. Ma, anche in questo, la Cina è già a buon punto dopo che il tribunale di Shangai, nelle scorse settimane, ha deciso sul copyright legato all’Ai.


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