Dossier Ai

G7 alle dichiarazioni finali: “Sì all’intelligenza artificiale ma il lavoro va tutelato”

di Giovanni Vasso -


Sì all’intelligenza artificiale ma il lavoro va difeso: questo, in estrema sintesi, il contenuto della dichiarazione finale del G7 che s’è tenuto a Cagliari. I ministri a lavoro e occupazione dei Sette Grandi hanno convenuto una posizione interessante sul tema delle nuove tecnologie. Che è un argomento che appare nuovo ma non lo è dal momento che, per approcciarsi all’argomento caldissimo dei nostri tempi, il mondo ha avuto da che imparare dai problemi emersi dal laissez-faire garantito, per tanti e troppi anni, ai colossi del web. Accanto al tema dell’occupazione e della tutela dei posti di lavoro c’è quello degli investimenti in ricerca e innovazione. Un altro punto caldissimo, almeno per l’Europa, messo bene in luce dalle proposte avanzate dall’ex presidente Bce Mario Draghi per rilanciare l’economia della Ue.

“I benefici dell’intelligenza nel mondo del lavoro possono essere massimizzati e distribuiti equamente su tutta la popolazione solo quando i diritti umani e l’inclusione sociale saranno al centro”, mettono nero su bianco i ministri nella Dichiarazione finale. “Realizzare il pieno potenziale delle tecnologie Ia – si legge nel documento – richiede investimenti pubblici e privati ben mirati, inclusi in infrastrutture di intelligenza artificiale, riqualificazione e aggiornamento delle competenze, nonché nell’istruzione”. Insomma, gli investimenti devono essere “multidisciplinari” e aggiungono i sette ministri: “Per beneficiare appieno delle opportunità offerte dall’Ia, dobbiamo continuare a conciliare lo sviluppo tecnologico con la protezione dei diritti dei lavoratori e minimizzare i rischi potenziali per il mondo del lavoro, soprattutto per le persone in situazioni vulnerabili e marginalizzate”.

Qui c’è il busillis. “Questi rischi – si legge nella Dichiarazione finale – includono l’aumento delle disuguaglianze e delle discriminazioni, un impatto negativo sulla sicurezza e salute sul lavoro, inclusa la salute mentale, un indebolimento della rappresentanza dei lavoratori e del potere di contrattazione collettiva, l’uso improprio della sorveglianza digitale sui lavoratori, nonché minacce alla privacy e alla responsabilità nel mondo del lavoro”. Il merito è stato quello di aver sollevato questioni finora invisibili. Non solo la “sostituzione” di lavoratori con gli algoritmi ma pure i problemi connessi alla salute e alla qualità della vita, nonché al rispetto dei diritti dei lavoratori stessi. Anche questo è un argomento che è emerso dall’oblio “grazie” al dibattito che si sta sviluppando sugli Over the Top digitali e sulla necessità di regolamentare un settore che, altrimenti, sarebbe un vero e proprio far west. “Sottolineiamo che il dialogo sociale e la contrattazione collettiva possono aiutare a garantire un’adozione sicura, protetta e affidabile dell’Ia nel mondo del lavoro”, concludono i ministri. La cui sfida è semplice ma, allo stesso tempo, complicatissima: evitare che le nuove tecnologie contribuiscano a mettere un altro tassello, al G7 che s’è concluso a Cagliari, sulla bilancia del potere economico e quindi politico, a favore delle grandi multinazionali che, come dimostra Microsoft con i suoi ultimissimi licenziamenti a Blizzard, non si farebbero troppi scrupoli, pur di far felici gli azionisti, di abbattere i costi del lavoro (anche) facendo ricorso all’intelligenza artificiale.


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