Attualità

Infezione killer dei bambini: FdI interroga il ministro

di Ivano Tolettini -


L’allarme è risuonato all’inizio di maggio nella maternità del Borgo Trento di Verona, quando sono stati bloccati i ricoveri delle mamme in gravidanza al di sotto della 33esima settimana di gravidanza. Tre bambini infettati hanno fatto suonare di nuovo il campanello del pericolo come ai tempi in cui infuriava il batterio Cicrobacter, che dal 2018 al 2020 mietè numerose piccole vittima, colpendo 103 neonati nella terapia intensiva dell’Ospedale della Donna e del Bambino. Non è un caso che venerdì scorso la parlamentare veronese Alessia Ambrosi di FdI ha interrogato il ministro della Salute Orazio Schillaci per chiedergli come si stanno comportando l’Azienda sanitaria scaligera per arginare e prevenire il grave fenomeno, che ha già visto sette dirigenti al centro dell’azione penale giunta all’udienza preliminare, per porre termine e riportare tranquillità nel più importante reparto di maternità del Veneto. Perché non va dimenticato, come sottolinea la deputata Ambrosi, che tra il 2018 e la prima metà del 2020 nei reparti di terapia intensiva neonatale e pediatrica dell’ospedale della Donna e del Bambino, si sono registrati oltre “100 infezioni da Citrobacter koseri che hanno portato alla morte di 4 neonati, mentre altri 9 hanno riportato gravi danni cerebrali” permanenti. L’azienda sanitaria per bocca dei suoi vertici nei giorni scorsi ha replicato che la situazione adesso è sotto controllo e che l’infezione non sarebbe così grave come quella di qualche anno fa. Sul punto, però, come informava la scorsa settimana l’agenzia LaPresse, “nello stesso ospedale ci sono stati nuovi casi di colonizzazione. Mentre l’istituto sanitario rassicura dichiarando che è tutto sotto controllo e che non ci sono motivi di preoccupazione, all’inviata de Le Iene è stato riferito che le cose non sarebbero così”. Tra l’altro il nuovo caso di propagazione del batterio, che per i sanitari è in una forma meno grave di quello del periodo 2018-2020, è riemerso mentre la scorsa settimana si è registrata l’udienza nella quale Francesca Frezza, mamma di Nina purtroppo morta per l’infezione, tramite il proprio legale si oppone all’archiviazione del fascicolo che riguarda la propria figlia. E la signora Francesca parlando con i cronisti a margine dell’udienza sulla quale si dovrà pronunciarsi il Gip, dopo la richiesta di archiviazione della Procura scaligera, spiega che è “triste constatare che dopo anni di indagini, e di neonati morti tra cui la mia Nina, di denunce e di grida d’allarme, siamo in una situazione per alcuni aspetti simile a quella emersa nel 2018. Quando l’ho saputo sono piombata nell’incubo”. Le mamme Francesca e Valentina sottolineano parlando con i cronisti in tribunale la scorsa settimana che “archiviare il caso Citrobacter è uccidere di nuovo i nostri figli” L’onorevole Ambrosi osserva che prima c’è stato “l’avvio di un’indagine sanitaria, per verificare quanto effettivamente accaduto e successivamente un procedimento penale, attualmente in corso”. Analizza anche la circostanza che sono molte le famiglie che “hanno subito danni gravissimi sia morali che economici, con la richiesta di un risarcimento nel più breve tempo possibile”. Da dire che quando all’inizio di maggio era scoppiato il nuovo caso, in un comunicato l’Azienda ospedaliera universitaria integrata (Aou) veronese aveva spiegato che le condizioni dei tre bambini positivi ai test non destavano preoccupazione, e che il Pronto soccorso ostetrico ginecologico rimaneva aperto per le emergenze in gravidanza di qualsiasi epoca gestazionale, e per tutte le donne incinte oltre la 34esima settimana. Tra le ipotesi prese in considerazione anche quella di intervenire in maniera radicale per sostituire le tubature del reparto perché la colonizzazione del batterio sarebbe avvenuto tramite le condutture dell’acqua, viste le misure di prevenzione adottate in reparto dopo il drammatico periodo 2018-2020 che in teoria avrebbero dovuto rappresentare qualcosa di invalicabile. Comunque, gli screening eseguiti sui bimbi ricoverati in Terapia intensiva neonatale avevano confermato che non c’erano state altre colonizzazioni da Citrobacter koseri. L’Azienda ospedaliera universitaria integrata ne era sicura, tanto che un solo neonato dei nove ricoverati era rimasto positivo e nessun bambino prematuro ricoverato in Tin era infetto. Le misure di sorveglianza adottate avevano impedito il diffondersi dell’infezione, tuttavia Ambrosi interroga Schillaci sulle iniziative che “intende assumere per tutelare i pazienti e sconfiggere il batterio”.


Torna alle notizie in home