Infermieri indiani in Italia, Nursing Up a Schillaci: Non è la soluzione
Infermieri indiani nelle corsie degli ospedali, si manifestano i dubbi del sindacato Nursing Up, che chiede chiarimenti al ministro Schillaci: “Non è questa la soluzione, rimane il gap della lingua italiana per loro, si rinuncia a creare condizioni per scongiurare la fuga dei nostri professionisti all’estero”. “Non possiamo nascondere, in merito all’imminente arrivo di tanti infermieri indiani negli ospedali italiani, da Nord a Sud e nelle Rsa, come confermato ufficialmente dal ministro della Salute Orazio Schillaci, il forte clima di preoccupazione che si respira, in queste ore, non solo da parte di sindacati delle professioni sanitarie come il nostro, ma soprattutto da parte di tanti infermieri che da anni lavorano sul campo, nel nostro Ssn, e affrontano già disagi quotidiani di non poco conto”. A sottolinearlo è Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato Nursing Up.
“Determinate riflessioni sono doverose – evidenzia in una nota – E le rivolgiamo proprio al ministro Schillaci, che da settimane ha annunciato l’accordo con l’India per l’assunzione di infermieri extracomunitari, descrivendola come l’unica soluzione possibile per tamponare la carenza di professionisti del comparto non medico”. Per il sindacato il problema del gap linguistico resta. Oltre alla questione di principio che porta De Palma a ribadire la contrarietà di base a “un modus operandi che prevede di ingaggiare infermieri stranieri per ‘tappare la falla’, quando nel contempo si commette l’errore di lasciar fuggire all’estero le nostre eccellenze, nascondendo la testa sotto la sabbia e rinunciando, di fatto, a creare le condizioni strutturali per arginare una pericolosa emorragia che non fa che avvantaggiare altre realtà sanitarie“.
Quanto alla lingua, “non abbiamo ancora nelle mani documenti ufficiali, ma apprendiamo che gli infermieri indiani in arrivo in Italia, contro cui – ripetiamo – non abbiamo nulla, frequenteranno corsi di lingua italiana. Chiediamo delucidazioni su come si svolgeranno questi corsi di italiano di cui parla, quale sarà la loro durata, e soprattutto se, durante l’indispensabile aggiornamento linguistico, questi professionisti saranno o meno già operativi nella nostra sanità pubblica e in quella privata”, aggiunge De Palma. “Non si tratta in questi casi di apprendere semplici basi della lingua. Siamo di fronte a una tipologia di comunicazione talvolta strettamente legata, solo per fare un esempio, a delicate prescrizioni terapeutiche, dalla cui corretta e tempestiva interpretazione e applicazione, ogni giorno, dipende la salute dei pazienti e dei soggetti più fragili nei luoghi di cura. Si tratta di essere capaci di comunicare in modo idoneo non solo coi malati, per comprendere, in alcuni casi, delicate informazioni correlate all’evolversi di una patologia, ma anche di collaborare in modo proficuo con gli altri componenti dello staff sanitario”.
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