Giustizia

Inchiesta Equalize, quadro sempre più complesso

di Redazione -


L’inchiesta sulla rete di dossieraggi illegali legata alla società Equalize si arricchisce di nuovi dettagli inquietanti. Secondo gli atti depositati dal pm della Dda di Milano Francesco De Tommasi e dal collega della Dna Antonello Ardituro, emergono elementi che delineano un quadro ancora più complesso e pericoloso. Enrico Pazzali, presidente autosospeso di Fondazione Fiera Milano e ritenuto dagli inquirenti il “capo” della struttura illecita, potrebbe continuare a servirsi di hacker per spiare chat e email degli investigatori, ottenendo così informazioni riservate sull’indagine. Il 19 marzo il Tribunale del Riesame dovrà esaminare la richiesta della Procura di applicare misure cautelari per dodici indagati. Tra questi figura l’hacker Nunzio Samuele Calamucci, già ai domiciliari, e lo stesso Pazzali, per il quale è stato richiesto l’arresto in casa insieme a Gabriele Pegoraro, hacker e collaboratore esterno del gruppo. Secondo l’accusa, esiste il “concreto pericolo” che Pazzali, grazie alle sue relazioni con esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, possa acquisire informazioni riservate attraverso accessi abusivi ai dispositivi degli investigatori. Una rete di complicità e ricatti che rafforzerebbe la sua capacità di muoversi nell’ombra per proteggere sé stesso e i suoi interessi. Le rivelazioni dell’ex superpoliziotto Carmine Gallo, morto una settimana fa, hanno fornito ai magistrati una descrizione dettagliata del “sistema illecito”. Gallo avrebbe raccontato di lavori svolti anche per i “cugini israeliani”, un riferimento che alimenta il sospetto di legami tra Equalize e apparati d’intelligence internazionali. Le dichiarazioni di Giulio Cornelli, esperto informatico coinvolto nell’inchiesta e poi rilasciato, confermano la presenza di documenti che riportano questa dicitura. Cornelli, impiegato come assemblatore di report a 1.500 euro al mese, ha dichiarato che Calamucci era solito portare con sé fogli con gli incarichi da svolgere, tra cui quelli destinati ai “cugini israeliani”. Le indagini hanno rivelato un esteso sistema di sorveglianza e dossieraggi che coinvolge numerosi personaggi di spicco. Pazzali, a quanto pare, ordinava costantemente nuovi report e riceveva aggiornamenti settimanali sulle commesse. Oltre ai materiali già analizzati, nel suo telefono sono stati trovati dossier su figure di alto profilo come l’ex ministro Corrado Passera, Massimo Ferrari di Webuild, il manager Fabrizio Candoni, il deputato del PD Claudio Mancini, Giovanni Pavesi dell’Agenzia Italiana del Farmaco e Vincenzo Onorato, patron di Moby. Tra i documenti sequestrati c’è anche un file datato 7 maggio 2023, redatto da Gallo e intitolato “Autogrill Spa”, contenente informazioni sui dirigenti della società. Inoltre, è stato individuato un dossier su un uomo d’affari kuwaitiano e persino una sentenza di condanna per Piercamillo Davigo. Questo vasto archivio di informazioni sensibili conferma l’ampiezza e la pericolosità delle attività svolte dal gruppo. Dalle chat analizzate dagli investigatori emerge come Pazzali avesse un ruolo di comando, commissionando i lavori e gestendo direttamente i compensi. Gallo, oltre a organizzare gli accessi abusivi alle banche dati, fungeva anche da cassiere dell’operazione. Il “padrone”, come veniva definito Pazzali, gli elargiva periodicamente bonus di 30 o 60mila euro, rafforzando così il legame di fedeltà all’interno dell’organizzazione. Un altro aspetto cruciale dell’inchiesta Equalize riguarda il presunto tentativo di Pazzali di ottenere informazioni riservate sulle indagini. Quando venne a conoscenza del fatto che poteva essere sotto inchiesta, si recò a Roma per cercare aggiornamenti sulla situazione. Secondo quanto riferito da Gallo, al suo ritorno a Milano Pazzali confermò che un’indagine era in corso e che coinvolgeva anche lo stesso Gallo. Non solo: avrebbe saputo anche il tema centrale dell’inchiesta, ovvero la raccolta illecita di dati provenienti dal Sistema d’Indagine (Sdi) delle forze dell’ordine, ottenuti grazie alla complicità di funzionari infedeli. Il quadro che emerge dalle centinaia di pagine depositate è quello di un’organizzazione strutturata, capace di infiltrarsi nelle istituzioni e di raccogliere informazioni riservate su politici, imprenditori e manager. La rete di contatti di Pazzali, che secondo le testimonianze si estendeva fino ai vertici delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, lo avrebbe messo in condizione di sapere in anticipo delle indagini a suo carico, muovendosi per proteggersi. L’inchiesta è ancora in corso e le prossime udienze saranno decisive per stabilire l’entità delle responsabilità e il livello di penetrazione del sistema Equalize nei circuiti istituzionali. Intanto, le rivelazioni sui legami con apparati d’intelligence e sui dossier raccolti continuano a gettare un’ombra sempre più inquietante su una vicenda che potrebbe avere ripercussioni di vasta portata.


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