IN GIUSTIZIA – Il caso Verona tra migranti, polizia e codice penale
Su questa testata si è potuto leggere della brutta vicenda della notte tra sabato 19 e domenica 20 alla stazione ferroviaria di Verona quando un agente della Polfer è stato costretto alla reazione contro un immigrato, a cui era stata respinta la richiesta di asilo, descritto come fuori di sé, che ripetutamente durante la notte aveva provocato e cercato di colpire con un coltello passanti ed agenti delle forze dell’ordine. Il ragazzo, Moussa Diarra, proveniente dal Mali, 26enne, è stato ucciso per legittima difesa.
La procura ha aperto un fascicolo a carico del poliziotto, agente della Polfer, per eccesso colposo. In realtà, le scriminanti invocabili sono due: legittima difesa ed uso legittimo delle armi. Questa seconda è meno nota ma in realtà è la più significativa in casi come questo o come quello di pochi mesi fa a Milano, sempre in stazione, dove un agente è stato brutalmente colpito con un coltello in un’azione che ricorda quella di Verona, senza fare in tempo a estrarre l’arma. L’agente è stato salvato in extremis dai colleghi e dai soccorritori ma ha rischiato di morire per quella coltellata.
L’uso legittimo delle armi è previsto dall’art. 53 del codice penale dove si prescrive che: “non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti. Si tratta di una norma tradizionale dei codici penali europei, specificazione della più conosciuta clausola generale dell’ “adempimento del dovere” di cui all’art. 51 c.p. e che si spiega con il bilanciamento che il legislatore ha compiuto tra l’esigenza di punire chi usa le armi contro qualcuno e quella di non punire le forze di polizia che devono intervenire per tutelare l’incolumità e la sicurezza collettiva e individuale. Diverso il caso della norma sulla legittima difesa, anch’essa contenuta nel codice penale e precisamente all’art. 52 c.p. e oggetto di un intervento legislativo nel 2019 per rafforzare le possibilità dei cittadini di difendere la propria o la altrui incolumità o la proprietà.
Appunto perché si applica a tutti, si parla della legittima difesa più facilmente che degli altri istituti, investendo molto di più la sensibilità dei cittadini e degli elettori sempre alle prese con la sensazione di doversi difendere da soli o, addirittura, da soli, di farsi giustizia. Si tratta di un conflitto che riesplode ogni volta che la cronaca offre episodi di eccessi, soprattutto a danni di stranieri o di soggetti disarmati, come anche nel caso inverso di uccisioni di gioiellieri, baristi, tassisti o commercianti che svolgendo un’attività di pubblico esercizio più sono esposti ai rischi di incontri con criminali violenti o in stato di ebbrezza. In questi casi, come anche in quello di Verona, dal quale si è avviata queste breve nota, la procura della Repubblica apre sempre un fascicolo per “eccesso colposo”, fattispecie prevista dall’art. 55 del codice penale, anch’esso oggetto di revisione nel 2019, per punire a titolo di delitto colposo colui che ha colposamente ecceduto i limiti che la legge poneva per rendere legittima la sua azione offensiva.
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