Giustizia

IN GIUSTIZIA – Il 25 aprile e la fine della guerra civile europea

di Francesco Da Riva Grechi -


Benedetto Croce sosteneva che ogni storia è storia contemporanea, per definizione, e la sua lezione è imprescindibile, ogni volta che ci si approccia ad un tema storico, qual è la celebrazione della liberazione e la fine della seconda guerra mondiale. Purtroppo la contemporaneità è tinteggiata più di ombre che di luci e in alcuni momenti sembra che la guerra anziché finita fosse solo sospesa e stia per iniziare di nuovo.

Il 25 aprile è una festa nazionale italiana ma richiede una riflessione in chiave europea, perché la guerra e la pace oggi hanno necessariamente una declinazione europea. Ed in Europa il fronte orientale ha sempre rappresentato una frontiera critica e spesso anche una frattura storica. Oggi l’Ucraina è il fronte orientale dell’Europa e viene attaccato in modo infame e violento da un ritrovato imperialismo comunista assetato di odio e vendetta per il crollo dell’Unione Sovietica alla fine degli anni ’80 del ventesimo secolo. E così come nel 1945 e nel 1989, oggi, le nostre possibilità di sopravvivere e mantenere la libertà sono in mani americane.

Ed il 25 aprile 1945 è stata la vittoria degli americani e la generosità americana ha permesso di ricordarla con gioia sebbene fosse contemporaneamente la peggior sconfitta della nostra patria. E ha lasciato anche divisioni e ferite sulle quali non bisogna indugiare troppo ma che nemmeno si debbono seppellire di nuovo nell’oblio della ragione. Per coloro che hanno una visione liberale e democratica il comunismo russo e cinese sono un problema. In tante celebrazioni russe nella battaglie di questa attuale guerra di aggressione in Ucraina si vede ovunque la falce ed il martello che per il popolo ucraino significa anzitutto il genocidio di Stalin negli anni ’30 del secolo scorso. In Cina appaiono sempre più spesso la figura di Mao, i suoi discorsi e la sua immagine. Non che non sia lecito, ma non si può stare da tutte le parti in nome di una unità ed un unione che non c’è, e solo ipocrisia e retorica.

E la nostra parte è sempre con gli americani, con gli europei, con gli ucraini, aggrediti e non aggressori.
E con noi stessi, da patrioti, come sul Piave nel 1918, nella Venezia Giulia nel 1943, 44 e 45, e oggi, sul filo delle trattative che la nostra Presidente del Consiglio intrattiene, anche come leader europea, con il Presidente americano Donald Trump. E l’attualità è sicuramente la parte difficile anche per il carattere peculiare di quest’ultimo che non sembra intenzionato a fare sconti a nessuno, convinto anch’egli di avere dei crediti rispetto alla storia recente e che il popolo americano debba essere risarcito dei torti subiti. Chi scrive ritiene che Donald Trump abbia ragione rispetto alla Cina, che ha beneficiato in modo impressionante delle aperture dei mercati globali ai commerci e ai prodotti cinesi, e che non abbia mai ricevuto indietro dall’impero del dragone altro che camuffata ostilità.

L’essenziale è che rimanga salda l’unità del fronte atlantico e Stati Uniti da una parte e Unione Europea dall’altra, adesso si unitariamente considerata, non si danneggino a vicenda e soprattutto non s’impoveriscano inasprendo i conflitti. La scelta atlantica non deve ammettere tentennamenti e contemporaneamente si deve compattare l’Unione Europea, sul piano commerciale, come su quello politico e militare.


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