Attualità

IN GIUSTIZIA – Equalize, spionaggio politico e libertà di stampa

di Francesco Da Riva Grechi -


Una nota accessibile in rete afferma a proposito del caso Equalize che bisogna capire bene come si sono svolti i dossieraggi per comprendere quanto le cause siano radicate nel modo di funzionare delle istituzioni e imparare a colmare le gravi lacune nel sistema di gestione della cyber security. A Milano i protagonisti dell’inchiesta iniziano a collaborare con i magistrati della Dda – Direzione Distrettuale Antimafia – Francesco De Tommasi e dell’Antimafia Nazionale – Dna – Antonio Ardituro e questo ha un’importanza epocale. In particolare Nunzio Calamucci, braccio destro tecnico – operativo di Carmine Gallo, a sua volta amministratore delegato, per conto di Enrico Pazzali e degli altri soci, di Equalize srl sembra disponibile a chiarire alcuni fatti. La società di Pazzali, manager (sospeso) di Fondazione Fiera Milano, consigliere dell’università Bocconi e Ambrogino d’oro 2021, insieme ad altre, Mercury Advisor srls e Develope and Go srls, tutte poste sotto sequestro dal Gip Fabrizio Filice, ha sempre agito per acquisire dati, informazioni e dossier illegali, spiando con accessi abusivi alle banche dati delle forze dell’ordine più di 800mila persone. Il racconto di Calamucci pone la vicenda in una luce nuova perché forse per la prima volta si ha cognizione anche di come queste informazioni vengono utilizzate. Un quotidiano ha infatti rivelato il legame diretto tra la rete di hackeraggio e il giornalista televisivo del servizio pubblico (o presunto tale) Sigfrido Ranucci, insieme a Giorgio Mottola, inviato della sua trasmissione. Ovviamente è prematuro trarre conclusioni ma sembra non contestato che lo scambio di informazioni tra la società Equalize e i giornalisti di Report sia avvenuto ed anche con una certa regolarità. Chi scrive si occupa in genere degli aspetti legali e giurisdizionali dei fatti di cronaca ma in questo caso la metodologia usuale si scontra contro un duplice ordine di problemi: da un lato il fatto è di una gravità inaudita perché oggetto di sottrazione di dati personali e sensibili poi rivelati alla televisione di stato era mezzo parlamento a cominciare dal Presidente del Senato e dunque si è voluto incidere in modo illegale sulla vita democratica del paese. E si sa che oggi le informazioni, almeno nelle democrazie liberali rimaste, sono più pericolose dei carri armati. Dall’altro lato, le lacune normative in materia sono ormai insostenibili e occorre un intervento del governo, sebbene siano i suoi membri, in quanto conservatori e patrioti, i primi e fondamentali destinatari dello spionaggio politico e sembrino destinati a diventare le vittime del servizio pubblico che a sua volta sappiamo essere “pubblico” solo quando agisce per conto del Partito Democratico.
I reati a vario titolo contestati nell’inchiesta sembrano essere associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistema informatico, rivelazione del segreto d’ufficio, intercettazione abusiva, corruzione e favoreggiamento. Il punto è che, senza incidere sulla libertà di stampa, che deve essere quasi illimitata, bisogna difendere la riservatezza e la segretezza dei dati e delle informazioni come valore in sé, come l’onore e la reputazione, in maniera molto più aggravata quando le violazioni avvengono con i mezzi di comunicazione come la stampa o, peggio, la televisione.


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