Attualità

IN GIUSTIZIA – Destra unita, la cittadinanza a chi se la merita

di Francesco Da Riva Grechi -


Le reazioni ad un episodio come la deturpazione del murales di Paola Egonu, “Italianità”, dopo un solo giorno, devono essere forti, responsabili e soprattutto, come ha scritto su X Antonio Tajani, orientate a sensibilizzare i più giovani. Se tutti ne sono colpiti, è indispensabile che coloro che hanno ancora la possibilità di crescere cancellando l’odiosa presenza dell’intolleranza e del razzismo abbiano ogni sostegno da parte della politica. Come nel caso dell’antisemitismo, la destra sente con più urgenza l’apertura ad un mondo nuovo, più aperto e più disponibile ad affrontare i gravissimi problemi dell’immigrazione e della multiculturalità. Snodo giuridico e politico al centro di queste tematiche è sicuramente la cittadinanza che, secondo il sito web del Ministero dell’Interno, indica il rapporto tra un individuo e lo Stato, ed è in particolare uno status, denominato civitatis, al quale l’ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici.

La cittadinanza italiana attualmente si acquista iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani. Può essere chiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica. Si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio. La nostra è una legge che funziona e quindi si capisce la posizione della Lega che afferma in un tweet che in pratica si può lasciare così com’è: “Non c’è nessun bisogno di Ius Soli o scorciatoie”. Lo Ius Soli è la proposta fondamentale della sinistra da tempo e prevede che la cittadinanza italiana venga riconosciuta ai nati nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno, al momento della nascita del figlio e a chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno nato in Italia.

Questa prospettiva è priva di qualsiasi riferimento alla volontà di integrarsi nel nostro paese e di accettarne le leggi, la cultura, la popolazione e l’unità della destra è sempre stata ferma e compatta contro questa impostazione. Da parte di FdI, Lega o FI, non sembrano esistere in parlamento progetti per modificare l’attuale legge, 5 febbraio 1992, n. 91, né esiste al riguardo un punto nel programma del governo di Giorgia Meloni. Può essere utile a chiarire, l’emendamento, a firma della stessa Giorgia Meloni, per spiegare il voto contrario di Fratelli d’Italia, insieme a Lega e FI ad una proposta sullo ius scholae del 2022 in Commissione Affari costituzionali della Camera. Il testo in esame mirava a concedere la cittadinanza italiana ai minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni, dopo aver completato un ciclo scolastico di almeno cinque anni. L’attuale premier, allora all’opposizione, chiedeva di introdurre come requisito per ottenere la cittadinanza italiana il compimento di due cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione, primaria e secondaria, pari a dieci anni (anziché cinque), dall’età di sei a quella di sedici anni.

Quindi, sostanzialmente, votando contro la sinistra, Giorgia Meloni, nel giugno 2022, spiegava la sua posizione sullo ius scholae, nel senso di richiedere la dimostrazione della volontà effettiva di integrarsi nel nostro paese, dopo dieci anni di formazione per i minorenni, oppure dieci anni di residenza e di lavoro, per i maggiorenni, per acquisire la possibilità di essere cittadini italiani. “Per Fratelli d’Italia la cittadinanza deve essere il punto di arrivo di un percorso e non il punto di partenza”, aveva dichiarato all’epoca il deputato di Fdi Emanuele Prisco, capogruppo nella stessa commissione Affari costituzionali, nel 2022.


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