Cultura & Spettacolo

In Elite 7 di elitario solo la spocchia

di Nicola Santini -


Come tutti un po’ ci aspettavamo, con l’autunno, la nuova stagione di Elite ha debuttato su Netflix, confermando l’ennesima parte di una serie intrinsecamente connessa all’esperienza elitaria dell’adolescenza, in cui i conflitti della vita adulta si manifestano in età precoce.

Sulla scia del grande successo delle prime stagioni, questo racconto surreale ha continuato il suo cammino senza seguire gli stessi schemi che aveva stabilito in precedenza, abbandonando i volti che inizialmente avevano catturato il pubblico e preferendo un approccio narrativo ancorato alle specificità del contesto, cosa che va bene se si punta sulla quantità di puntate e di edizioni, meno se si pensa alla qualità.

C’è da dire però. che, senza andare troppo per il sottile, una volta che uno la prende per quello che è, ossia una seriuccia spagnola da compagnia, senza pretendere troppo né dalla storia né dalle interpretazioni, è un prodotto che funziona, continua ad avere il suo mordente e, sì, non ti lascia senza fiato, ma manco ti fa venir voglia di cambiar canale.

Come ormai ci hanno abituato, anche in questa settima stagione di Elite, assistiamo a un buon aggiornamento del cast che, in questo caso specifico, si basa principalmente su un gruppo di attori nuovi, affiancati da volti che il pubblico ha conosciuto da poco.

Senza che io debba approfondire in dettaglio le scelte precedenti, la serie su Netflix cerca ancora di catturare l’attenzione con la stessa audacia e senza alcun filtro che l’ha sempre contraddistinta, sfruttando al massimo la dimensione adolescenziale ricca, opulenta e disimpegnata, e presentando alcune riflessioni pseudo-sociali che possono essere prese o lasciate. Formula che in qualche modo premia, in qualche modo annoia, in qualche modo si trascina. Forse l’annunciata ottava stagione dovrebbe essere l’ultima, quella che ti spinge a riguardartele tutte. Ma non fatelo: chiunque vedrebbe la qualità perdersi di stagione in stagione.

Come sempre, l’inizio è ben fatto. Io apprezzo anche che non si perdano troppo con lo spiegone su cosa è successo nella stagione prima. Perché non serve gran che. Una sparatoria al di fuori della prestigiosa scuola di Las Encinas ha fatto venire il cagotto ad alcuni genitori e studenti, che puntano il dito contro il giovane Dìdac e la sua famiglia, già associata ai traffici criminali locali. La storia concentra sulla vita del ragazzo e sui suoi legami. La sua situazione influisce direttamente sulla vita di Isadora con cui ha una storia. Di lei ricordiamo quanto poco fosse in bolla. E poi ci sono quel tot di new entry che da un lato contribuiscono a dare vivacità, dall’altro a incasinare il filo conduttore.

Però Elite è così dall’inizio e se uno è arrivato a vedersi sette stagioni, quello vuole. Non c’è qui la classica caccia all’omicida, qua tutte le carte sono scoperte man mano, c’è solo da capire come certe consapevolezze, tipo avere la mamma troia o il padre criminale, influiscano sulle scelte dei protagonisti. E la forzata inclusività ha rotto anche qui.


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