Economia

I POTERI CORTI – Impresa: “Prevenire è meglio che curare”

di Marco Travaglini -


Le imprese (piccole) molto spesso non funzionano per la mancanza di rapporti sani e non per problemi di mercato.
“Alla fine ha chiuso, non riusciva ad arrivare a fine mese”; “l’azienda è andata in fallimento, hanno fatto un investimento sbagliato”; “quella startup non funziona, si vede che non c’è mercato per quei servizi”; e tanti altri luoghi comuni, nella testa, nel cuore, nella comunicazione.
Quanto è sbagliato ricondurre l’insuccesso di un progetto solo a scelte tecniche errate?
Aldilà di prese di posizione (e stupide prove di forza da maschio alfa), le scelte tecniche frutto di approcci unipersonali, padronali e testardi di fare impresa, sono espressione della mancanza di confronto e dell’incompatibilità professionale e personale tra i soggetti di un team, elementi necessari per definire – in una prospettiva tecnica di impresa basata su un lavoro di settaggio e progettazione preliminari – una strategia di sviluppo vincente e, all’occorrenza, facilmente adattabile e tempestivamente modificabile alle problematiche che la vita ci prospetta. Non mi riferisco tanto ad incompatibilità professionali o di visione, ma a quei contesti aziendali dove le dinamiche e le scelte imprenditoriali sono figlie di una gestione familiare e spesso familistica, tipica delle piccole imprese italiane, dove a decidere è il cosi detto capofamiglia e nelle quali si interviene soprattutto a valle, in modalità problem solving, e meno a monte nel dedicare tempo alla pianificazione e ad accordi di lavoro ben definiti.
Dunque, altro “male italiano”: la genialità verticale, nel merito, l’essere un Paese di inventori, che rischia di non potersi confrontare con chi sa progettare percorsi di sviluppo e innovazione di processi per valorizzare idee mediante metodi strutturati. Riflettendo “euristicamente” sui tanti fallimenti professionali/progettuali (latu sensu) conosciuti nel corso del tempo e vissuti, alcuni, in prima persona, ritengo che moltissime piccole e medie imprese italiane, potrebbero essere ottimizzate e migliorate, salvate o fermate in tempo, se i rapporti e le collaborazioni fossero fondati su una comunicazione aperta al dialogo e al confronto continui.
Solo partendo da queste basi, con l’apertura e la lealtà professionali e personali, si possono definire soluzioni strategiche capaci di individuare il mercato, i servizi, gli investimenti, i finanziamenti e le tecnologie adatte.
È necessario dunque un approccio di “buona pratica” a monte e, ancor più, lavorare sulla cultura della relazione, come elemento necessario per instaurare sani rapporti professionali.
È importante, allora, lavorare su sistemi di matching e (sana) “raccomandazione” capaci di individuare i soggetti più adatti a pratiche ed affiancamenti all’interno di dinamiche imprenditorial-familiari, e condurre, così, a scelte ponderate migliori.
Insomma, tutto è importante ma “prevenire è meglio che curare” (come diceva una nota pubblicità anni ’90) ma, soprattutto, come diceva Gigi Proietti, è ancora più certo che “per risolvere i problemi, servono le brave persone”.


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