Il viaggio più lungo del Papa nel nome di “Fratelli tutti”
Papa Francesco – dopo aver salutato cordialmente il giorno precedente la partenza il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella -, è arrivato la mattina seguente, 3 settembre, intorno alle ore 8.45 a Giacarta, per iniziare la sua 45esima visita pastorale, con tanto di parata di accoglienza e l’abbraccio da parte sua degli ultimi, ossia orfani, poveri e rifugiati. Tale viaggio, rimandato a causa del Covid (avrebbe dovuto compierlo nel 2020), terminerà il 13 settembre con il rientro a Roma. Sarà sicuramente lungo ed impegnativo. Si svolgerà, infatti, con la visita in quattro Paesi differenti, i quali toccheranno, finanche, due continenti diversi. Come da programma, le varie tappe saranno così articolate: fino a domani sarà in Indonesia, a Giacarta. Da venerdì 6 fino a domenica prossima, 8 settembre, soggiornerà a Port Moresby, in Papua Nuova Guinea. I due giorni successivi saranno dedicati a Timor Est (Dili), dove resterà fino al 10; mentre negli ultimi tre, dal 10 al 13 settembre, ci sarà la tappa finale a Singapore. Per chiudere l’aspetto formale si precisa che i discorsi ufficiali saranno 16.
Nei quattro Paesi visitati, inoltre, si possono individuare gli aspetti peculiari, i temi e le questioni sui quali si prevede che il Papa si concentri maggiormente nei suoi discorsi e nei messaggi da rivolgere al clero ed ai fedeli. In Indonesia, ad esempio, il Paese musulmano più popoloso al mondo, ma dove l’approccio religioso non è improntato allo scontro, al radicalismo ed all’esclusione delle minoranze, Papa Francesco dovrebbe premere sull’auspicio di fare un incontro tra fedi diverse, in un’ottica ecumenica, appunto. In Papua Nuova Guinea, un territorio fragile, messo a repentaglio dal cambiamento climatico, dall’innalzamento del livello degli oceani, da eruzioni vulcaniche e dai terremoti (si trova in una regione particolarmente sismica), le previsioni dicono che la sua attenzione alla cura del Creato, ribadita nella Laudato si, tornerà a farsi sentire. A Timor Est – unico Stato a maggioranza cattolica in Asia, insieme alle Filippine -, la diplomazia, unita ad un linguaggio più sottile e sfumato, serviranno a toccare questioni scomode e spinose, come gli abusi sui minori da parte del clero e il ruolo, anche politico, avuto dalla Chiesa nella lotta per l’indipendenza di un Paese culturalmente, linguisticamente e storicamente legato all’Occidente (la seconda lingua più diffusa, parlata quasi per metà dalla popolazione è il portoghese, essendo stata Timor Est un’ex colonia del Portogallo). Infine, Singapore: il Paese con la più alta concentrazione di ricchi al mondo rispetto alla popolazione, quarta piazza finanziaria del pianeta, città-Stato affacciata sulla Cina (un quarto dei suoi quasi sei milioni di abitanti è cinese). Qui Papa Francesco porrà l’accento sulle ingiustizie economiche, sulle diseguaglianze sociali e sul suo interesse per “il caro popolo cinese”, come disse in occasione del viaggio in Mongolia di un anno fa.
Una visita, tra Asia e Oceania (dove già Paolo VI, nel 1970, e Giovanni Paolo II, nel 1989, erano stati in viaggio), a testimonianza di quanto sia alta l’attenzione del Pontefice per realtà cristianamente vitali, e dove il cattolicesimo è in crescita o convive in pace con altre confessioni religiose prevede che, in ciascuna delle tappe del viaggio, il Papa visiti diocesi e arcidiocesi rette da cardinali. Porporati che del resto ha creato lui stesso: Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, arcivescovo di Giacarta; John Ribat, arcivescovo di Port Moresby; Virgilio do Carmo da Silva, arcivescovo di Dili; William Goh Seng Chye, arcivescovo di Singapore.
L’obbiettivo è di poter intavolare con questi Paesi, e con il mondo musulmano in generale, un accordo universale in linea con la sua enciclica Fratelli tutti. Per ribadire, ancora una volta, quanto sia necessaria una pace globale, affinché tacciano le armi e parlino i cuori, portando la luce del Vangelo fino alle periferie esistenziali più lontane e disagiate del mondo.
Torna alle notizie in home