Il Vannacci renzismo: Bisogna togliere dal campo uno strano fenomeno…
Il Vannacci renzismo. Bisogna togliere dal campo uno strano fenomeno politologico che ha invaso i salotti. Si potrebbe sintetizzare con questo termine: “Vannaccirenzismo”.
Si tratta della tendenza degli osservatori politici a immaginare due cose lunari per l’italiano medio, quale sono io, e cioè la nascita di un partito a destra della Meloni e lo sfondamento al centro di Matteo Renzi. Come direbbero gli antichi matematici, se non si riesce a dimostrare il teorema in via diretta, basta provare a farlo per assurdo. Cioè a rovescio.
Se il partito del premier Giorgia Meloni ha preso circa il 26% alle politiche (con tanto di Fiamma tricolore nel simbolo) e in questi primi ormai undici mesi è perfino salita al 30%, può significare due cose: è stata votata sia dagli italiani di destra che dai moderati centristi, nel qual caso sarebbe difficile immaginare che chi l’ha scelta e portata al governo (salvo singoli casi) oggi decida di cambiare per finire in qualche partitino da 2 virgola buono solo a fare cassa con i contributi e le varie prebende annesse e connesse al Parlamento Europeo; oppure può significare solo che in Italia esisterebbe una marea di gente di destra che non ha votato per Meloni e una marea di gente al centro che non ha votato per Meloni da far pensare che dai tempi di Silvio Berlusconi il cosiddetto centrodestra sia esploso a nostra insaputa e abbia in potenza una percentuale del 60 per cento o giù di lì. Appare evidente che entrambe le ipotesi sono fantascientifiche, soprattutto in un quadro politico dove l’italiano alle prese con crisi economica, salari bassi, guerre in Ucraina, inflazione, caro energia, ecc bada al sodo. E poche chiacchiere.
Ecco che immaginare un partito di Vannacci-Alemanno o pensare che gli italiani, dopo dieci anni dalla nomina a Palazzo Chigi di Matteo Renzi, dopo averlo votato alle Europee con un plebiscito, per poi restarne delusi, facciano un mea culpa di massa per tornare a votare per lui. La verità è che la politica è davvero staccata dalla vita di tutti i giorni e che questi ragionamenti si possono fare solo quando si sta con le chiappe al fresco nel Palazzo. Perché là fuori è ovvio che nulla di tutto questo succederà.
Ed è ovvio che la conta dentro i partiti di maggioranza sarà fondamentale non tanto per capire gli equilibri del governo (la destra in Italia è l’unica forza politica della storia della Republica che ha portato a termine un governo quasi fino alla fine della legislatura naturale con lo stesso premier, Silvio Berlusconi, sebbene con un rimpasto a metà mandato, per cui non si mette a farsi cadere i governi da sola come la sinistra due volte con Prodi per fare un dispetto – come si dice – alla moglie) ma per capire che direzione prende la destra europea, come fenomeno globale.
E se l’attrazione naturale per un partito di natura e indole maggioritaria, quindi più moderato nei toni e più nazionalpopolare nelle soluzioni è nelle cose, diverso è classificare gli italiani che possono aderire a questo progetto come centristi. Visto che questa categoria è una semplificazione politologica per descrivere quella che fu la Dc, la prova provata che un partito di centro maggioritario in Italia può esistere solo se esprime il governo del Paese.
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