Cultura & Spettacolo

Il Teatro fisico di Copeau, Decrouxe Lecoq: il mimoe la pantomima

di Michele Enrico Montesano -


Il Teatro Fisico – La cultura teatrale occidentale europea mette al centro il testo. Questo perché raccogliamo, in forma scritta, l’eredità teatrale greca e latina. Mauro Avogadro dice “il Teatro è di parola”. Teatro e parole inscindibilmente legati tra loro come pedicello e acino. Ma è davvero così? Contrapposto al Teatro di parola c’è il Teatro “fisico” che comprende una vastità di discipline. Dal Teatro-danza al mimo, passando per la clownerie. In tutti questi ambiti il corpo assume una predominanza rispetto al testo, o comunque non ne è subordinato. Proprio l’importanza del mimo e della pantomima ha spinto Jacques Copeau a individuarne all’interno principi pedagogici e metodi d’insegnamento per allievi attori. Non un modo di recitare ma un modo per recitare. Più tardi fu Decroux a svilupparlo come branca autonoma.

Tutto questo veniva insegnato all’École de Vieux-Colombier, fondata nel 1913 proprio dall’attore regista parigino. Copeau spostava tutta la sua attenzione sul rigore della messa in scena: la recitazione era libera dai tratti enfatici della tradizione e dallo stile declamatorio proprio del teatro simbolista, la scenografia era essenziale (influenzata anche da Adolphe Appia) e si richiamavano tradizioni teatrali antiche come la Commedia dell’Arte e i misteri medievali. Nel giro di poco l’École de Vieux-Colombier creò una nuova estetica teatrale e fu introdotta anche la maschera neutra. Decroux ne scrive in merito “La recitazione tendeva alla lentezza del rallenti cinematografico. Ma mentre quello del cinema è un rallentamento dei frammenti della realtà, il nostro era una lenta produzione di un gesto in cui se ne sintetizzano molti altri”. Altra pedina importante, impossibile da non citare, è Jacques Lecoq. Fonda nel 1956 a Parigi la sua scuola: l’École internationale de théâtre. Per il suo fondatore “mimare è essere un tutt’uno con, e quindi capire meglio. Se qualcuno maneggia tutto il giorno dei mattoni, accadrà che a un dato istante non sappia più cosa sta maneggiando: diventa un automatismo.

Se gli si domanda di mimare come maneggia un mattone, sarà in grado di riscoprire l’essenza di questo oggetto, il suo peso, il suo volume. Questo fenomeno è di grande interesse in campo pedagogico: mimare permette la riscoperta della cosa nella sua autenticità. L’atto di mimare è in questo caso una conoscenza; ogni vero artista è un mimo”. Come sottolinea l’attore francese, l’importanza pedagogica del movimento apre numerose riflessioni. Attraverso il movimento l’attore rivive sensorialmente le sue emozioni e riesce a riprodurle, pur senza oggetto. È un gesto essenziale, tanto da fare a meno dell’oggetto stesso. Eppure lo spettatore ha la chiara percezione di ciò che succede. Perché il mimo-attore sta vivendo realmente ciò che fa: rende necessario l’invisibile. Il Teatro fisico, in questo caso, comprende le qualità fisiche del mimo-attore in rapporto allo spazio della rappresentazione. L’unione di questi elementi crea un connubio rivoluzionario. Nella sua scuola, Lecoq, non riduce il mimo alla versione stereotipata del mimo muto che conosciamo tutti. Questa è una falsa credenza popolare basata su un particolare tipo di mimo: quello di Marcel Marceau. Una pantomima silenziosa per nulla banale, il suo era un Teatro di gesti. Lecoq, invece, insegnava le maschere, le acrobazie, le abilità circensi, la commedia dell’arte, il teatro danza, ma venivano insegnate in maniera non convenzionale, in controtendenza rispetto all’epoca. Si ricercava un fine pedagogico dietro.

Un altro attore che si è distinto in questo vastissimo campo è il già citato Étienne Decroux, ideatore del mime corporel. Aveva come scopo l’inserimento del dramma all’interno del gesto, del movimento – dramma inteso nel suo senso etimologico. Differisce dalla pantomima che invece sostituisce il linguaggio con il gesto. Tecnicamente: le pause, il peso, l’esitazione, le resistenze e il sorprendersi contribuiscono alla creazione drammaturgica. Decroux la chiamava “arte del movimento”, non muta. “Un attore, a prescindere dalle sue ambizioni artistiche, deve prima di tutto essere presente in scena, deve mostrare con il corpo la sua presenza sul palco. Il corpo è quello che porta il costume, che sostiene la voce, quello che gli spettatori vedono.”


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