Cultura & Spettacolo

Il Tarantismo “esorcismo” tra musica e corpo

di Michele Enrico Montesano -


Il Tarantismo, sindrome che comporta crisi psichiche, viene ricondotto al morso del ragno della Taranta, morso che di per sé è innocuo. Il suo veleno infatti non produce nessun effetto nocivo. Simbolicamente invece trasmette turbamenti fisici e mentali. Pare che l’origine di quest’usanza sia da ricercare nei riti orgiastici e iniziatici pagani fra l’800 e il 1300. Data la specificità di luogo, Taranta prende il nome da Taranto quindi il Salento e per estensione tutto il meridione, altri studiosi risalgono addirittura a influenze greche. C’è chi la accosta alle menadi greche, chi al mito di Aracne, e poi c’è un origine che risale ai tempi delle crociate, a uno scontro di culture (islamica e cristiana). Ad un certo punto la Chiesa sostituisce l’immagine di San Paolo come speranza per gli invasati per una liberazione. Da rito pagano a cristiano. Questa motivazione ha fondamenti biblici, San Paolo infatti uscì indenne dal morso di una vipera, motivo per cui la festa di guarigione è calendarizzata il 29 giugno, giorno del santo. Testimonianze, scritte e non, del tarantismo le abbiamo tra il IX e il XIV secolo.

Il documento più antico è il Sertum papale de Venenis, del 1362. “Coloro che sono morsi dalla tarantula traggono massimo diletto da questa o quella musica”. La musica è una componente fondamentale del Tarantismo. Ne parlerà anche da un punto di vista medico Cristoforo degli Onesti nel De venenis. La prima illustrazione si può scovare nel volume Magnes: sive de Ars Magnetica di Athanasius Kircher del 1643. Nell’illustrazione come antidoto per la tarantola è raffigurato uno spartito, ci sono le città pugliesi di Taranto, Lecce, Bari, Nardò, Otranto, Gallipoli. Sotto, due grandi ragni disegnati da prospettive diverse, con la scritta “Musica sola mei superest medicina veneni” ossia “La musica è la sola medicina che mi resta”. Il tarantolato è considerato posseduto, invasato e presenta segni clinici di malessere generalizzato: convulsioni, malinconia, catatonia. La musica è usata come cura. Si parla infatti di meloterapia e ha una funzione esorcizzante, assieme alla danza (tarantella) e ai colori, il fazzoletto o pezzo di stoffa, adempieva questo compito: rosso eccitante, celeste sedativo, giallo drammatico. I suonatori erano dei veri e propri esorcisti poiché dal loro intervento dipendeva la riuscita del rito e quindi la guarigione. Un grande contributo lo abbiamo grazie all’antropologo Ernesto De Martino che nell’estate del 1959, assieme al musicologo Diego Carpitella e al regista Gianfranco Mingozzi, registrarono nelle campagne salentine il fenomeno della possessione della Taranta.

La tarantella tramite il suono ossessivo e rituale del violino, del tamburello, della fisarmonica, dell’organetto e della chitarra risolveva le crisi del soggetto posseduto. I suoi movimenti erano dettati e influenzati dalla musica, fino alla scomparsa dei sensi. Generalmente il rito “si svolgeva nell’abitazione dei tarantolati, nei vicoli ciechi dei paesi o nelle aie delle case rurali, i “pizzicati” entravano in uno stato di incoscienza e ballavano per ore ed ore”, citando la Lungonelli. Questo fenomeno ha radici antiche e riporta la mente alla Piaga del Ballo di Strasburgo del 1518, dove in preda all’isteria collettiva, le danze si protraevano per giorni interi, causando la morte di alcuni partecipanti che cadevano a terra esausti. Per Carpitella “gli strumenti, la musica, hanno una funzione terapeutica. La danza non è scomposta, presenta modelli cinesici precisi e tramandati, e durano generalmente 15 minuti”. Il tarantolato iniziava a muoversi ed agitarsi solamente quando il ritmo della musica si accordava al suo malessere. Come se a ogni vibrazione corrispondesse uno stato emotivo ben preciso. La musica batteva il tempo dell’anima. Dall’indagine estiva del 1959, De Martino scrisse un libro, pubblicato nel 1961“La terra del rimorso”. Nel quale si indagavano le cause del Tarantismo. Malessere interiore, infelicità per le condizione socio-economiche, bisogno di attenzione e riconoscimento. Prevalentemente i soggetti colpiti da questo fenomeno erano di sesso femminile. Delle 37 persone intervistate da De Martino e la sua squadra, 32 erano donne. Possiamo ben comprendere le ragioni di questa disparità di sesso alla luce dei costumi e delle usanze del sud Italia degli anni ’50 e ’60. Il tarantismo permette di leggere uno spaccato della società da un punto di vista antropologico e sociale. La musica come terapia e calmante naturale, valvola di sfogo, per dare spazio a un’umanità forse soppressa. Melodie secolari, per risolvere conflitti e dissidi, che sopravvivono ancora oggi con gli stessi effetti catartici e liberatori. Perché la musica influenza il corpo e l’anima.


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