Attualità

Il talk politico: l’acqua calda che conquista

di Dino Giarrusso -


Omnibus, Coffee break, Agorà, L’aria che tira, Re Start, Mattino 5, Tagadà, 4 di sera, Otto e mezzo, TG2 Post, Cinque minuti, Dimartedì, Quarta repubblica, È sempre carta bianca, Diritto & rovescio, Fuori dal Coro, Piazzapulita, Zona Bianca, Lo Stato delle cose, Accordi e Disaccordi, Porta a porta, Linea notte, e i continui talk su Sky senza contare le maratone Mentana e gli speciali pre e post elettorali. Non ho consultato Google ed ho il terrore di aver lasciato fuori uno o più talk politici, col rischio d’aver offeso conduttore e autori, dunque mi scuso in anticipo con tutti: se ho mancato è colpa della mia memoria che inizia ad affaticarsi, non della qualità del vostro talk. Rileggendo l’elenco, però, mi accorgo che i soli titoli citati, si mangiano una bella fetta di questa rubrica, pur non essendo certamente tutti. Il talk, e specialmente il talk politico o dove la politica è preponderante, oggi rappresenta un genere importantissimo nella Tv italiana. Riempie i palinsesti, dona visibilità a chi ci va, regala agli editori ore ed ore di roba inedita da mandare in onda a prezzi tutto sommato contenuti, e soprattutto appassiona il pubblico a casa un po’ come una volta faceva la Domenica Sportiva. Il punto è proprio quello: durante il talk, sia quelli più accesi sia quelli più pacati, si ripropone la logica dello scontro e del tifo, ma soprattutto quel fenomeno che più di tutti appassiona gli italiani: l’interpretazione della realtà. Avrei potuto scrivere “l’interpretazione della realtà coincidente con la mia”. Perché se il talk di approfondimento può essere utilissimo nell’aiutare il cittadino telespettatore ad interpretare la realtà, l’effetto collaterale più pericoloso è quello dell’appiattimento di chi guarda verso il politico o il giornalista d’area che dice ciò che quello spettatore già pensa, scatenando un effetto gratificazione immediato, e spazzando via dalla testa di chi guarda ogni dubbio, ogni incertezza e in fondo ogni desiderio di approfondire davvero, di capire davvero. Questo è rischioso, e come scriveva Francesco Piccolo a proposito degli anni infuocati dai duelli fra berlusconiani ed antiberlusconiani, c’è anche il rischio di dire (lui diceva di scrivere), ciò che tu sai la gente vuol sentirsi dire, o per lo meno quella gente che sai ti segua e ti apprezzi, in TV e sui social. Così l’effetto tifo si moltiplica, e il giornalista o il politico o l’opinionista ospite di Del Debbio, Floris, Giletti o Gruber e compagni, diventa in realtà il rappresentante della squadra per cui chi guarda fa il tifo. È pericoloso ed affascinante ad un tempo, e non è un caso se nel talk sportivo -che di questi è il padre- la figura che meglio interpretava il giornalista tifoso era Giampiero Mughini, che di politica ne sa tanto, e di psicologia delle masse pure. Non sappiamo quanto durerà questo trend (alcuni flop recenti fanno pensare), ma ad oggi quest’acqua calda appena aromatizzata conquista, fa discutere, regala popolarità e spesso ascolti. In una parola piace, benché sia uno schema vecchio, anche nella TV nuova.


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