Editoriale

Il senso di colpo

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


di TOMMASO CERNO

Proviamo a rovesciare il discorso. Se come appare plasticamente in Francia il modello di integrazione è fallito, o comunque gravemente inciampato, perfino nell’Europa delle grandi democrazie evolute, significa che anche noi con tutte le nostre buone intenzioni abbiamo fatto degli errori grossolani, perché in altro modo la rivolta di Parigi e le conseguenze che potrebbe avere fuori dai confini francesi non si spiegherebbero.

Non è una questione di visione politica. Partiamo dal presupposto che al mondo c’era solo un continente che per vicinanza geografica e maturità politica poteva ergersi a modello degli altri e gestire le grandi migrazioni di questa epoca, pur fra le varie criticità, facendo coincidere la dimensione pratica, quella cioè di chi cerca manodopera e nuovi cittadini con quella culturale di un mondo che marciava dolcemente verso un nuovo concetto di uguaglianza che usciva dalla teoria e si trasformava in un progresso sociale autentico, dove chi arrivava e chi già c’era trovavano vantaggi e un futuro comune.

Dobbiamo ammettere che siamo molto lontani dall’aver colpito questo bersaglio. Abbiamo tirato con tutta la supponenza dell’Occidente, quando parla di sé in prima persona, ma non abbiamo preso il centro. E nello sbagliare il tiro non abbiamo pensato di correggere il metodo, abbiamo continuato a ripeterci che erano sfortunate coincidenze, tutte spiegabili e soprattutto rimediabili. E poi ci siamo accorti che continuavamo a colpire il legno della porta, una, due, mille volte. E oggi il clima nelle banlieue parigine, quell’aria spiccia e terrificante di una soluzione etnica a un problema che etnico non è, il rischio che tracimi e contagi altri paesi sono lì a dirci che serve che l’Europa tiri un bel respiro e cambi direzione al colpo prima di scoccarlo di nuovo.


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