Bertinotti: “Il salario minimo può riunire la sinistra. Il governo? Assaltato dai pirati della destra”
FAUSTO BERTINOTTI, SINDACALISTA EX PRESIDENTE CAMERA DEI DEPUTATI
di EDOARDO SIRIGNANO
“La sinistra deve uscire dal palazzo e parlare a quella gente che scende in strada perché il governo le ha tagliato il reddito di cittadinanza. Altrimenti è destinata a scomparire”. A dirlo Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera dei Deputati e già segretario di Rifondazione Comunista.
Il ritorno dalle vacanze, nel 2023, sarà come quello degli anni precedenti?
Sarà un ritorno difficile dopo un’andata, d’altronde, non facile. Per le famiglie sarà un autunno tutto in salita.
Perché?
I due più grandi problemi sono il carattere pervasivo della povertà e l’incertezza. Questa dilaga in un mondo attraversato da una guerra di cui non si conosce la dinamica, sovrastata da una crisi ecologica, ormai diventata quotidianità. Non è più uno spettro che si aggira per il pianeta. Gli incendi e le esondazioni sono all’ordine del giorno. Il terzo elemento di inquietudine, poi, è un’economia che passa di crisi in crisi, senza lasciare neanche immaginare un’innovazione di modello di sviluppo. Il futuro, non c’è dubbio, è attraversato da cattivi presagi. Di fronte a tutto ciò, infine, c’è una crisi della politica senza precedenti.
Da cosa è generata?
Dalla totale mancanza di visione e dalla drammatica incapacità di governo.
Nonostante ciò, in tv, si continua a parlare di Vannacci e di un partito alla destra di Meloni che non si riconosce nelle politiche della premier?
Vannacci non è un fatto nuovo. È tutta l’estate che siamo di fronte a incursioni da parte di navi pirata che sono intorno alla flotta di governo. Le culture dell’antifascismo sono continuamente sotto attacco. Altro che ribellione all’interno di Fratelli d’Italia. Il movimento che si sta creando a destra di Meloni è espressione di una strategia ben precisa, pianificata da mesi.
La sinistra in Parlamento, intanto, si concentra sulle nomine all’interno del partito della premier, dimenticando tutto il resto…
Ho un giudizio molto critico sulla sinistra politico-istituzionale. È prigioniera di un lungo declino e di un progressivo adattamento al sistema. La politica viene vista solo come una competizione per il governo.
Come rianimare questa parte politica?
Degli elementi di novità possono essere trovati nel corpo della società, rianimando elementi di contrasto e conflitto che certamente possono riemergere di fronte ai problemi grandissimi con cui siamo chiamati a confrontarci. Solo, allora, potrà accadere qualcosa. Sono scettico sulla possibilità che possano avvenire cambiamenti sul terreno politico-istituzionale.
C’è, però, un punto preciso da cui ripartire?
La fiammella che si è accesa tardivamente sul salario minimo garantito, dopo che la sinistra non ha condotto, come sarebbe stato necessario, una lotta aperta contro l’abolizione del reddito di cittadinanza, è il punto da cui ricominciare. Da lì si può tirare un filo che riannodi tutto il grande problema della distribuzione della ricchezza, causa delle disuguaglianze. Dalla ricostruzione del reddito di cittadinanza, passando per gli aumenti dei salari e delle pensioni fino a una radicale modifica delle politiche fiscali a favore del lavoro, il terreno di mobilitazione è ampio. Il problema è trovare una forza che sia in grado di attrarre.
Potrebbe venir fuori da quelle piazze in subbuglio, come quella partenopea, che boccia il taglio al reddito di cittadinanza…
Occorre ripartire dal conflitto sociale. Imprigionare una questione così delicata nelle controversie parlamentari significa restare allo status quo. La nuova linfa, venuta fuori dalla battaglia sul salario minimo, non deve restare imprigionata nelle stanze del potere. Se rimane nel tradizionale conflitto tra governo e opposizione, è destinata a dissolversi come il sale nell’acqua. Se, invece, viene concepita come il mattoncino per la costruzione di un edificio o meglio ancora di una forza sociale, forse, si potrà arrivare a qualche risultato.
L’attuale sinistra è in grado di uscire dal palazzo?
Può darsi. La sola speranza di salvezza per la sinistra è fuori dal palazzo. La conversione, intanto, richiede la messa in campo di una potenza culturale, politica e intellettuale. È uno strappo decisivo rispetto alla tradizione degli ultimi anni. Richiede una forza e una determinazione, che francamente allo stato non vedo. Il conflitto sociale è tra le operazioni più impegnative e complicate che si possono realizzare in politica.
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