“Priorità è tornare a parlare di lavoro, il tema da cui deve ripartire il Pd”. A dirlo Livia Turco, ex ministro della Salute e tra i fondatori dell’Ulivo.
Il 25 settembre muore il campo progressista?
C’è un popolo che lo ha nell’anima ed è alla ricerca di un’efficace formazione politica che lo rappresenti. La sinistra non sono i gruppi dirigenti, ma i circoli e chi sabato prossimo sarà in piazza. Stiamo parlando di chi, nonostante disillusioni, sofferenze, ha ancora voglia di combattere. Ora, però, questa gente deve avere un’identità.
Qualcuno dice che l’interlocutore naturale è il M5S. È d’accordo?
Ciò che mi sta a cuore adesso non è Conte o Calenda. Entrambi fanno opposizione al Pd e non alla destra. Devono decidere chi è il loro nemico: chi combatte il reddito di inserimento o le persone con cui hanno governato. Il tema è ricostruire la sinistra, compresi legami sociali e territoriali. Detto ciò, è normale, che guardando i contenuti, mi ritrovo con chi difende il reddito di cittadinanza.
È stata tra chi ha promosso l’Ulivo. Cosa è rimasto di quella storia?
È stata una grande stagione di partecipazione one, che nulla ha a che a che vedere con le attuali correnti. È stato tradito un sogno.
Bertinotti dice che bisogna sciogliere il Pd. È d’accordo?
Non riesco a considerarlo autorevole. Non dimenticherò mai la caduta del governo Prodi per un voto. La storia sarebbe stata diversa se non ci fosse stato. Non riesco a ritenere degne di nota le valutazioni di chi ha commesso un errore.
Dopo cosa è successo?
Il Pd è nato male, sulla base di una fusione a freddo tra gruppi dirigenti. I dem sono altro, parola di militante. Stiamo parlando di persone che credono a un progetto e che, pur venendo da storie politiche differenti, sono presenti sui territori. Da qui bisogna ripartire. Altra aspetto da tenere in considerazione, poi, la generazione che non proviene né dai Ds, né dalla Margherita.
Cosa ne pensa della candidatura della Schlein?
La sosterrò. In una sinistra maschilista occore un colpo di reni. Quanto ha detto sabato, sono cose di sinistra. Non mi sembra la tipa che vada a trattare con le correnti. Sono invenzioni giornalistiche. Le illazioni su Franceschini sono la dimostrazione di un Paese malato. La moglie ha una sua storia. Una donna ha il diritto di avere un’autonomia, anche se è moglie di?
Quali sono gli errori commessi da chi è stato al vertice del Nazareno?
Il renzismo è stato un disastro perché ha sancito la subalternità del Pd alla cultura neoliberista, al populismo. Scegliere Marchionne anziché i sindacati è l’errore. Altro problema l’ipertrofia dell’io. L’artefice di questo processo ha un nome e cognome: Matteo Renzi.
Cosa bisogna fare in questo momento?
Rispettare il percorso congressuale.
È possibile la svolta a sinistra, auspicata da molti?
Il Pd deve ritrovare la radice di sinistra. Deve liberarsi o meglio ancora decidere da che parte stare, chi vuole rappresentare. Il coraggio delle scelte è la svolta. I dem dovrebbero stare dalla parte delle diverse forme di precariato, dell’eguale dignità della vita. Le disuguaglianze, oggi, sono reddito, diritti sociali, welfare. La sinistra è tale se sostiene che lo sviluppo si basi su beni comuni: salute, scuola, lotta alla povertà.
Il partito del lavoro potrebbe essere la strada?
Occorre una scelta netta. Se c’è lavoro, c’è accesso all’istruzione, benessere. A ciò occorre affiancare altri diritti sociali, che consentono una vita dignitosa per tutti. Non basta un nome a un partito. La priorità è che, in modo visibile, ci sia un cambiamento. Non servono proposte e analisi in Parlamento, ma frequentare i luoghi della società, guardare in faccia alle persone. Il dramma del progressismo odierno è aver dimenticato un aspetto peculiare della sua storia. Sono cresciuta con il motto, imparato nella mia 44esima sezione del Pc di Borgo San Paolo, per cui bisogna sapere tutto del quartiere in cui vivi. Altrimenti sarà impossibile recuperare la credibilità persa.
Considerando la sua esperienza al ministero della Salute, sono aumentati i problemi della sanità?
Sono molto preoccupata, a partire dal tema del personale. Quando quest’ultimo non trova più conveniente stare nel pubblico, c’è una conseguenza. Se si tornerà, poi, a un 6 per cento della spesa sul Pil, non si può stare tranquilli. Mi aspettavo una mobilitazione su questo tema. La salute, come il Covid ci ha insegnato, è un diritto individuale, un bene comune.
Cosa ne pensa della destra al governo, guidata da Meloni?
Non è cambiato nulla. Le politiche della destra sono sempre le stesse. Viene alimentata l’evasione fiscale, così viene destrutturato il reddito di cittadinanza. Con il governo Prodi, nel 1996, abbiamo introdotto il reddito minimo di inserimento. Alle madri di Scampia, dicemmo mandate i figli a scuola e vi diamo un sussidio. Stesso discorso a Reggio Calabria. Siamo un Paese che ha una memoria corta. La relazione di Chiara Saraceno, che conservo come reliquia, contiene un dibattito che oggi sarebbe stato utile. Gentiloni dopo venti anni l’ha ripristinata. Destrutturarla, come intende fare la Meloni, è un errore. Vada a parlare con gli assistenti sociali, nei centri Caritas.
In Lombardia protagonista è Letizia Moratti, ex ministra berlusconiana. Sarebbe pronta a sostenerla?
Assolutamente no! Qualcuno lo auspica, ma il candidato è Pierfrancesco Majorino, militante vero della sinistra moderna. Sono orgogliosa di lui perché lo conosco, essendo stato mio collaboratore quando ero al ministero della Solidarietà Sociale. Non bisogna fare passi indietro.