Il ragazzo dai pantaloni rosa, in punta di piedi
Diretto da Margherita Ferri , “Il ragazzo dai pantaloni rosa” supera la fredda cronaca per ridare profondità e giustizia alla storia di Andrea Spezzacatena: la sua passione per la musica e i classici della letteratura, l’istinto di protezione nei confronti del fratellino Daniele, lo smarrimento che, sulle prime, gli ha causato la separazione dei genitori; l’amicizia e l’amore, un fiore reciso troppo presto dalla mannaia del pregiudizio.
E’ un racconto in punta di piedi, “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, lo spettatore vi viene immerso con una tale grazia da spingerlo a sperare in un finale diverso. Purtroppo, però, Andrea Spezzacatena avrà quindici anni per sempre: e se la cronaca si ricorderà di lui come la prima vittima di un caso di cyberbullismo sfociato in un suicidio, la pellicola prodotta da Roberto Proia lo racconta a tutto tondo restituendogli un volto e una voce attraverso il giovane protagonista Samuele Carrino (più intenso che mai nella scena dell’attacco omofobico subito durante una festa a scuola) E’ Andrea stesso, parlandoci da un punto di vista privilegiato, il narratore onnisciente della sua storia. La scena finale, nella quale la madre Teresa Manes (Claudia Pandolfi) sta ultimando di scrivere il libro Andrea, Oltre il pantalone rosa (Graus Editore, 2013), pietra angolare della sceneggiatura adattata dallo stesso Proia, è un ideale passaggio di testimone.
Da quel 20 novembre 2012, Teresa Manes non ha mai smesso di sensibilizzare i più giovani sui temi del bullismo e del cyberbullismo; continua a farlo, dice, «perché il sacrificio dell’uno sia il riscatto dell’altro». Il suo impegno due anni fa le è valso l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica, ricevuta dalle mani del presidente Sergio Mattarella.
Parafrasando una frase che spesso torna virale sul web, se Teresa Manes avesse saputo che quello con Andrea al Luna park sarebbe stato il loro ultimo abbraccio, avrebbe certamente stretto più forte. Il film si apre e chiude su di lei, descrivendo la parabola circolare del suo dolore; il dolore del parto che porta alla gioia della nascita di Andrea; il dolore scavante (il primo piano finale sul volto di Claudia Pandolfi è potentissimo) della consapevolezza di essergli innaturalmente sopravvissuta. Oggi Teresa sa di avere una missione ben più alta; sa di dover vivere più intensamente, perché vive per due: «Con mio figlio ho fatto molti errori», ha raccontato spesso, ricordando che non esiste un manuale che ti insegna ad essere un buon genitore, «permettergli di indossare un pantalone rosa non è tra questi».
La canzone portante de “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, conferma il talento cristallino di Arisa nel rendere eterno ogni più profondo sentimento (era già successo con le sorelle di “Nove Lune e Mezza”, per le quali cantò “Ho cambiato i piani”): “Canta Ancora” è l’immaginata, ultima dichiarazione d’amore di Andrea alla mamma Teresa: «Quel viso stanco è della donna che più amo al mondo (…) Tu che mi hai dato tutto, tu che sei quella parte di me che si unisce al cielo».
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