Editoriale

Il politico intelligente

di Adolfo Spezzaferro -


Sì, è vero: il linguaggio della politica si è impoverito, da un lato, ma è pure diventato più accessibile – e questo non è un male, anzi. Sì, è vero: i politici che imitano gli influencer declinano le loro parole chiave secondo il trend del momento, le espressioni alla moda, ma in questo modo intercettano i più giovani – e questo non è un male, anzi. Sappiamo infatti che se da un lato chi non va più a votare “perché è tutto un magna magna” risponde al richiamo del movimento di protesta, di chi si professa anti-casta (almeno finché non diventa casta), e vuole quindi parole chiare, dirette, senza fronzoli in politichese (“Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?”, fa dire Manzoni al suo Renzo); dall’altro i più giovani magari si imbattono nel politico di turno su TikTok e non su X, il che significa “scendere” al livello del linguaggio dei social. L’ex Twitter è il social della politica, a livello globale, ma non è “bazzicato” da quei potenziali elettori – magari al primo voto – che invece stanno su social più da “gggiovani”. Ecco dunque che il linguaggio della politica si è impoverito nel lessico, nella costruzione, nei riferimenti culturali, ma si è arricchito in termini di comprensibilità, immediatezza. Se è vero che certi slogan elettorali e sintesi da agenda politica somigliano a claim pubblicitari, è pur vero che il tormentone della réclame funziona e quindi ha senso adottarlo per discorsi “alti”. Senza però arrivare a toni stratosferici, inaccessibili a quasi tutti quelli che non hanno studiato certe discipline (sì, stiamo parlando dei paroloni sfoggiati da Alessandro Giuli, che però si esprimeva così anche prima di essere nominato ministro). A tal proposito, come non è vero che – è la teoria di Fulvio Abbate – Giuli può parlare solo così perché pensa così, non è altrettanto vero che un bravo politico, esperto nel parlare forte e chiaro, poi non sia in grado di tenere testa a un Giuli di turno. La differenza sta proprio in questo: intelligenza (una facoltà della nostra mente impossibile da definire in modo univoco) forse è proprio la capacità di farsi capire dall’interlocutore. Quindi mutuare il linguaggio in base a chi abbiamo di fronte. La stessa identica intelligenza – sia chiaro – del ricorrere al politichese quando la domanda mette in difficoltà il ministro o il segretario di partito di turno.


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