Ambiente

Il pericolo di estinzione dello squalo bianco nel Mar Mediterraneo

di Gianluca Pascutti -


Nel Mar Mediterraneo, lo squalo bianco è classificato come “critically endangered” (in pericolo critico). A manifestare grande preoccupazione per la perdita di biodiversità nel Mar Mediterraneo sono la professoressa Letizia Marsili, biologa dell’Università di Siena, e il professor Primo Micarelli, promotore della ricerca “Monitoraggio e marcatura dello squalo bianco nel Mediterraneo”, condotta dall’ateneo senese con il Centro Studi Squali, Istituto scientifico CSS di Massa Marittima.

L’allarme dei ricercatori è purtroppo reale: dopo oltre sette anni di osservazione, con più di 700 ore di monitoraggio marino utilizzando tecnologie avanzate lungo le coste del Tirreno, dell’Adriatico e del Canale di Sicilia, non c’è stato alcun avvistamento. Questo fa ritenere che lo squalo bianco sia in serio pericolo di estinzione. In molti credono erroneamente che questi splendidi esemplari di Carcharodon carcharias vivano e si riproducano solo nelle acque australiane e sudafricane, ma non è così. Il Mar Mediterraneo è uno degli otto hotspot mondiali per la presenza degli squali bianchi, ma a causa della pesca intensiva e dei cambiamenti climatici rischia di non esserlo più.

Gli studiosi temono che la specie possa aver superato la soglia del non ritorno, una situazione gravissima per la biodiversità del Mediterraneo, dove questi pesci sono presenti da circa tre milioni di anni. Un altro fattore che mette a rischio la specie sono le catture accidentali. Sebbene gli squali bianchi non siano spesso il bersaglio principale (ricordiamo che la loro pesca è vietata), vengono catturati accidentalmente nelle reti destinate ad altre specie. Questo fenomeno, noto come bycatch, contribuisce significativamente alla diminuzione della popolazione di questi squali. Le abitudini alimentari e la grande richiesta di pesci considerati pregiati in cucina non aiutano, poiché interrompono la catena alimentare, mettendo i grandi predatori in difficoltà a trovare nutrimento. L’allarme è lanciato: ora spetta all’uomo prendere seri provvedimenti per non diventare la causa della scomparsa di questi grandi predatori dei mari.


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