Attualità

Il patto anti-inflazione piange, Urso attacca i big alimentari

di Giovanni Vasso -

ADOLFO URSO MINISTRO


Se non è il patto anti inflazione delle beffe, poco ci manca. Il ministro Adolfo Urso è, a dir poco, contrariato. Perché ha proposto un patto anti-inflazione alle imprese che operano nella grande distribuzione e nel settore alimentare. E se dalla Gdo e dalle pmi agroalimentari ha ottenuto un’apertura importante, è stato dai grandi player che il governo ha ricevuto una porta in faccia. Il titolare del dicastero alle imprese e al Made in Italy è andato in televisione a denunciare la poca collaboratività delle grandi aziende che, rispetto alle richieste italiane, hanno opposto un niet che diventa incomprensibile, agli occhi di Urso, se si pensa che le stesse identiche proposte, avanzate dai governi di Francia e Spagna, sono state invece accettate, e dalle medesime aziende.
Parlando in televisione a Omnibus, su La7, il ministro ha tuonato: “Sul patto anti-inflazione io ho chiesto di fare quello che ha fatto la Francia di Macron e la Spagna socialista, abbiamo chiesto a tutti di partecipare al patto che scatterà dal primo ottobre”. A fronte di questa proposta, ha spiegato Urso, “hanno partecipato al patto la grande distribuzione e anche la piccola e media, gli esercenti, le piccole e medie imprese ma i grandi hanno detto no, ci hanno detto non è possibile, peccato che in Francia le stesse grandi imprese alimentari che in Italia ci hanno detto non è possibile abbiano firmato e sottoscritto”. Le ragioni alla base della nuova strategia avanzata dal Mimit sta nei numeri. “I dati dicono che l’ economia italiana sta rallentando perché le famiglie hanno dovuto diminuire persino i consumi alimentari – ha affermato Urso – quindi noi veniamo in soccorso a chi non ha le risorse nemmeno per potersi alimentare bene”. La chiusura non è totale, almeno per il momento e almeno così spera lo stesso ministro. “L’accordo è fatto e io credo che prima che scatti il patto che sarà firmato in settembre le grandi imprese che hanno firmato in Francia firmino anche in Italia”. Mancano poche settimane. Che potranno essere utili a trovare la quadra. O confermare lo stallo. Ma sembra abbastanza logico immaginare che, se le grandi aziende alimentari non si impegneranno a diminuire o quantomeno a mantenere i prezzi al pubblico dei loro prodotti, l’intero castello rischia di franare su se stesso.
Per questi motivi, Urso ha rinnovato l’appello ai grandi player del settore alimentare: “A loro faccio un ulteriore appello, come a una grande squadra. Le stesse imprese che in Italia ci dicono che non possono aderire hanno poi firmato lo stesso accordo proposto dal mio collega francese. Dobbiamo insistere negli ultimi tre mesi dell’anno per evitare che l’inflazione diventi strutturale come già successo nel nostro Paese in anni passati, quando i prezzi non tornarono più al loro livello originale”. I primi segnali che arrivano, e di cui dà conto lo stesso titolare del Mimit, sono incoraggianti: “Gli ultimi dati Ocse ci dicono che la curva inflattiva ha finalmente preso la via della riduzione”. Ma se non ci sarà un impegno corale a mantenere bassi i prezzi, il rischio è che l’inflazione possa, prima o poi, riprendere la sua corsa e il carovita possa divorare quel poco che rimane nelle tasche degli italiani.
Sullo sfondo, chiaramente, ci sono le tensioni economiche e le importazioni di cereali, in prima battuta. E l’Italia non può fare altri passi falsi.


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