Cultura & Spettacolo

Il MiTo e la Wonderful Town di Bernstein

di Redazione -


Il MiTo e la Wonderful Town di Bernstein

di RICCARDO LENZI

La musica di Leonard Bernstein è un istrionico sincretismo compositivo: vi troviamo l’origine ebraica melopeica, la ferocia ritmica slava, le sincopi jazziste, la profonda conoscenza del classicismo viennese. Una consapevolezza storica che si guarda bene dal tradire il valore della tonalità, limitandosi all’ammiccare soltanto qualche fugace trasgressione. Ma ciò che più ci riguarda, è arrivato il suo tempo, come immancabilmente dimostrerà l’esecuzione in forma di concerto del musical “Wonderful Town”, con l’Orchestra e il coro del Teatro Regio di Torino diretti da Wayne Marshall, il 7 settembre alla Scala di Milano e l’8 al Lingotto di Torino, a inaugurazione del festival “MiTo SettembreMusica”. Perchè lo spettacolo cosiddetto leggero, sia l’italiana operetta che i valzer che accompagnavano quella in lingua tedesca o i musical di Broadway degli anni Cinquanta, sono tornati in gran voga. Una delle parole chiave di questo ritorno è “commedia”, poiché questo spettacolo appartiene a un’epoca in cui tali musical erano acuti, letterati e divertenti. Anche se nella fattispecie “Wonderful Town” ebbe una nascita contrassegnata dalle false partenze. A quanto pare tutti i compositori, da Burton Lane a Irving Berlin e Cole Porter, erano pronti a scriverne la colonna sonora. Leroy Anderson ne scrisse davvero una, ma non piacque a quelli che “contavano”, vale a dire i produttori e la star protagonista vocale, Rosalind Russell. Entrarono allora in scena Leonard Bernstein e i suoi parolieri di “On the Town”, Betty Comden e Adolph Green, a sole cinque settimane dalle anteprime. Quindi “Wonderful Town” fu scritto in fretta e per i critici questo fu uno dei motivi per cui è così fresca e brillante. L’arguzia si respira in ogni aspetto dell’opera, dalla musica ai testi. Bernstein risponde quasi in maniera divertita a ogni situazione drammatica, così che la musica si infiltra in maniera progressiva ma potente nello svolgersi della vicenda, ovvero la storia di due sorelle dell’Ohio, Ruth ed Eileen Sherwood (al MiTo rispettivamente interpretate da Alysha Umphress e Lora Lee Gayer) che si avventurano nel Greenwich Village di New York per giocarsi le carte della carriera e dell’indipendenza. In un appartamento nel seminterrato, si trovano presto ad affrontare le sfide dell’ambientamento a Manhattan e seguiamo le loro avventure bizzarre ed episodiche, guidati dal superbo swing dell’autore: fin dalle prime note dell’overture lo spettatore è investito da spunti melodici, armonie e ritmi jazz che si ritrovano qua e là negli episodi successivi, come nella famosa “Conga”. Tra le canzoni che spiccano ci sono il lamento “Ohio”, l’incantevole “A Little Bit in Love”, la trascinante “One Hundred Easy Ways”, la dolce “A Quiet Girl” e l’ariosa “It’s Love”. Il tutto padroneggiato con raffinatissime orchestrazioni, in uno stile che si colloca fra “On the Town” (1944) e “West Side Story” (1957), che sono le altre due celebrate commedie musicali di Bernstein. Tutto concorre a far assurgere a vera protagonista la “città meravigliosa”, cioè New York con i suoi abitanti. Bernstein con la sua musica riuscì a farne rivivere tutti i gangli nervosi, i vorticosi amplessi, i provocanti intrecci di razze e classi sociali, tratteggiandoli negli stili musicali, nei ritmi della quotidianità, nelle timide melodie romantiche. Fu un grande successo: a Broadway l’opera ebbe 559 repliche, anche se in realtà avrebbero dovuto essere 560.
Eravamo nel 1953, e l’ombra della guerra fredda alimentò un vero caso politico quando il “New York Daily News” tuonò la propria indignazione, poiché il quotidiano di sinistra “National Guardian” aveva acquistato una grande quantità di biglietti per l’8 aprile di quell’anno. Tutto quell’arrivismo sociale, quell’emancipazione femminile e le tante razze rappresentate sul palcoscenico avevano urtato le mentalità conservatrici: per questo quell’ultima replica fu cancellata, futilmente sospettata di propaganda politica. Ma la bellezza di quest’operina ha superato le asfissianti vicende storiche.


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