Il giallo della Seajewel esplosa a Savona: si indaga per terrorismo, era stata in un porto russo
La petroliera colpita dall'esplosione a Savona (foto dal sito web MarineTraffic)
Dopo una indagine conoscitiva attuata dalla Procura della Repubblica di Savona in merito al danneggiamento della petroliera Seajewel avvenuto sabato notte tra mezzanotte e l’una, l’inchiesta passa a quella di Genova per terrorismo, anche se non risultano rivendicazioni riguardo ai fatti. La nave si trovava ormeggiata a largo della costa tra Savona e Finale Ligure per operazioni di scarico di carburante (da inviare alla raffineria Sarpom di Trecate in provincia di Novara, ex Esso e ora Italiana Petroli) e in quel frangente era stata danneggiata a seguito di due esplosioni che avevano creato un varco nello scafo – una falla poi accertata di 120 centimetri per 70 i cui bordi sarebbero rivolti verso l’interno come nel caso di un danneggiamento provocato da un esplosivo posto all’esterno della nave – pur, fortunatamente, senza dar corso ad alcuna perdita in mare.
Il procuratore di Savona Ubaldo Pelosi aveva inizialmente ipotizzato che il danneggiamento fosse stato “conseguenza dell’operazione di scarico” escludendo “per il momento conferme sulle esplosioni, né sull’ipotesi di un attentato” rilevando in quella circostanza fondamentale che non ci fossero stati sversamenti in mare.
Anche la Capitaneria di Porto aveva escluso l’ipotesi di un attentato ricostruendo quanto accaduto: “Tra la mezzanotte e l’una del 14 febbraio, durante le operazioni di scarico di crude oil, presente a bordo di una motonave ormeggiata presso il campo boe Sarpom, il personale specializzato, che sovrintendeva tali operazioni, ha constatato alcune anomalie – da accertare – nelle procedure di discarica decidendo, di concerto con questa Capitaneria di porto, per motivi precauzionali, l’interruzione delle stesse”. E aveva riferito di aver messo subito in atto “le procedure previste dai piani antinquinamento e antincendio portuali”.
Ora, l’accelerazione dei magistrati. Il procuratore di Genova Nicola Piacente e la pm Monica Abbatecola hanno aperto un fascicolo per naufragio di natante aggravato dal terrorismo. E Piacente ieri mattina ha tenuto una riunione con il coordinamento della Procura generale a cui hanno partecipato coloro che seguiranno le indagini: la capitaneria di Porto di Savona, un ufficiale della capitaneria incaricato dal comando generale di Roma per seguire la vicenda e la Digos di Genova. Presente anche il procuratore di Savona Ubaldo Pelosi che ha consegnato al capo della Procura genovese il fascicolo inizialmente aperto.
L’indagine è passata a Genova come da prassi quando si indaga per terrorismo e la Procura si sta concentrando sull’origine della falla: uno dei primi atti sarà quello di analizzare in laboratorio i numerosi pesci morti in seguito alle esplosioni alla ricerca di tracce di eventuale esplosivo. È stata anche prelevata la scatola nera i cui dati saranno analizzati per ricostruire il viaggio della nave prima di arrivare al largo di Savona, mentre già da ieri vengono sentiti i membri dell’equipaggio.
La nave, che non è ancora stata sequestrata, attualmente è in rada a Savona dove rimarrà per alcuni giorni, si sta valutando se portarla in secca, ma non sarà facile individuare un’area sufficientemente grande. Ed è stato posto il divieto ad ogni tipo di imbarcazione raggiungerla.
Alcuni particolari sul fatto e sullo scenario in cui l’esplosione è avvenuta sono stati diffusi dal giornale specializzato Shipping Italy. “La Seajewel – scrive – , prima di attraccare davanti alla costa ligure aveva fatto scalo al porto di Orano, in Algeria. In quelle ore potrebbe essere stato collocato l’ordigno che ha provocato le esplosioni. L’attenzione ore si sposta anche sul passato recente di questa nave perché, secondo quanto riporta Marinetraffic, tra febbraio e maggio 2024 aveva compiuto tre viaggi tra il porto russo di Novorossijrsk (il principale porto sul Mar Nero, ndr) e Ceyhan, in Turchia. L’attenzione si concentra dunque sul fatto che possa trattarsi di una petroliera impiegata in qualche modo nei trasporti di petrolio russo aggirando le sanzioni imposte a Mosca sui carichi di idrocarburi. Da qui l’ipotesi che la Seajewel possa essere stata bersaglio di un avvertimento a suon di esplosivo. Fino ad oggi, però, questa nave non risulta inserita nella black list europea e nemmeno può ritenersi parte della cosiddetta dark fleet russa (la flotta ombra sovietica, ndr) dal momento che viene regolarmente operata da una primaria shipping company greca”.
C’è poi da segnalare che in pochi mesi sono stati ripetuti episodi del genere ai danni di petroliere nel Mediterraneo. La Reuters ha scritto di “tre petroliere che sono state danneggiate da esplosioni avvenute nell’ultimo mese in incidenti separati nel Mediterraneo. Le loro cause sono sconosciute. Si tratta dei primi incidenti che hanno causato danni a imbarcazioni non militari a causa di esplosioni nel Mediterraneo centrale da decenni. Un’altra nave gestita da Thenamaris (la stessa della nave colpita dall’esplosione in ;Liguria, ndr), la petroliera Seacharm, è stata danneggiata da un’esplosione al largo del porto turco di Ceyhan nel Mediterraneo a fine gennaio, hanno riferito due fonti. In un terzo incidente, la petroliera Grace Ferrum, battente bandiera liberiana, è stata danneggiata al largo della Libia a febbraio, hanno riferito tre fonti, una delle quali ha aggiunto che la nave avrebbe richiesto un’operazione di recupero”.
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