Politica

Il G7 della Meloni, unica leader vincente d’Europa

di Domenico Pecile -


I timori di Emmanuel Macron e di Olaf Scholz – che arrivano all’appuntamento del G7 reduci della pesantissima batosta alle Europee – sono il segnale più evidente di una possibile svolta nel management politico di Bruxelles. Ma mentre a Berlino non si preannunciano per adesso cambiamenti interni all’assetto del potere, la Francia – per volontà di Macron – si appresta a un‘infuocata resa dei conti e relativo braccio di ferro con le destre determinate a stravolgere gli equilibri di governo. A dare la carica è stato l’exploit del Rassemblement national di Marine Le Pen. Se a questo si aggiunge la batosta elettorale del primo ministro giapponese, Fumio Kishida e le due scadenze elettorali per Biden e Sunak destinate a provocare un altro tsunami politico, bene si comprende come il vertice internazionale e la fitta agenda di Borgo Egnazia, in Puglia, in programma da questa mattina, rischi di passare, almeno in parte o fatta esclusione soprattutto per le due guerre in corso e i relativi approcci (oggi sarà presente anche il leader ucraino Volodymyr Zelensky) in secondo piano, in ciò oscurato, appunto, dal vento di cambiamento che soffia in Europa. E in mezzo a questo, incipiente tourbillon politico, c’è un altro dato incontrovertibile e cioè che il premier italiano, Gorgia Meloni, arriva all’appuntamento nella doppia veste di titolare della presidenza del G7 e di indiscussa vincitrice delle elezioni.
Una doppia vetrina che se da un lato conferma il crescente successo della politica internazionale dell’Italia, dall’altro spalanca alla stessa Meloni un ruolo chiave non soltanto nelle trattative per la formazione della nuova maggioranza europea ma la mette nella condizione di avanzare lei stessa legittime, personali pretese. La vittoria elettorale di Fratelli d’Italia (in crescita anche rispetto alle politiche) è dovuta in buona parte alla sua capacità di essere rimasta capace di interloquire sia con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (a caccia spasmodica della sua riconferma), sia di mantenere rapporti cordiali se non collaborativi anche con i settori della destra europea che su alcuni punti sono da lei distanti. La questione della guerra in Ucraina è, ad esempio, la cartina di tornasole di questa strategia inclusiva e dialogante a tutto tondo del premier. Certo, il suo atlantismo e la certezza che l’appoggio all’Ucraina verosimilmente incondizionato è destinato a diventare elemento di grande dibattito dentro e fuori la destra europea.
Meloni non ha fretta. Quella la lascia a Ursula che proprio dei Conservatori potrebbe avere bisogno per coronare la successione a se stessa. La lascia anche alla Le Pen o a Salvini smaniosi di una svolta radicale in chiave anti-von der Leyen. La posta in gioco è altissima e la Meloni non ha alcuna intenzione di sbagliare una mossa nell’intricato risiko delle ipotesi post-voto.
Intanto, in attesa dell’avvio del valzer degli incontri ufficiali, Meloni ha già mandato a dire che vuole un vicepresidente con deleghe importanti visto che dei quattro uscenti nessuno è italiano. Stando ai rumors le opzioni più gettonate da Meloni riguarderebbero l’Industria oppure la Concorrenza, la Difesa, l’Energia e il Commercio, queste ultime forse le più ambite visto che in qualche modo sarebbero riconducibili a quel Piano Mattei che Meloni ha voluto subito dopo il suo insediamento a palazzo Chigi.
E intanto il premier incassa la gratitudine del ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, per il rinnovato ruolo internazionale dell’Italia. “Con la leadership di Gorgia Meloni – ha affermato intervenendo all’assemblea di Confcommercio – l’Italia è tornata a testa alta a essere nazione protagonista. Il nostro capo del Governo può presiedere la riunione del G7 nella consapevolezza di avere un intero Paese con lei e di essere leader che in Europa può dare affidabilità e continuità e l’Italia può finalmente indicare la strada giusta all’intera Europa. Il modello italiano diventi il modello in Europa”.


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