Attualità

Il femminicidio fa notizia se a uccidere è il maschio bianco

di Rita Cavallaro -


Ci risiamo con il femminismo un tanto al chilo, quella pesantezza dell’essere che, in nome del politically correct, ha segnato una frattura netta tra vittime di serie A e ammazzate di serie B: che il femminicidio, la piaga sociale ormai inarrestabile tant’è che ogni giorno ce n’è uno, è così inflazionata da non meritare più le prime pagine dei giornaloni. A meno che la mano assassina non sia quella del maschio bianco, quel figlio sano del patriarcato che, dall’omicidio di Giulia Cecchettin, è diventato il cavallo di battaglia per strumentalizzare un fatto di sangue e usarlo come un ariete contro il governo Meloni, al fine di disseminare le solite accuse di fascismo, di un’arretratezza culturale che sembra ancora anelare alla donna come angelo del focolare, mentre nei fatti è proprio una donna a tenere le redini del Paese.

Ma nell’ipocrisia della sinistra, la logica passa in secondo piano, con quella politica visibilmente fuori dalla realtà da esistere soltanto in un metaverso radical chic, in cui i big dell’opposizione si illudono di parlare a branchi di boccaloni, ai quali vomitare i paroloni del Ventennio per riportarli all’ovile dell’urna e spingerli a segnare una X sulla sinistra. E in quel metaverso il concetto di straniero criminale, che è una delle più grandi preoccupazioni degli italiani esasperati dalle città insicure sempre più in mano alla violenza degli extracomunitari, gli omicidi commessi da assassini che non hanno la nostra cittadinanza non meritano di essere menzionati, né commentati. Neanche una parola per Eleonor, 24 anni, strangolata ieri nella sua casa di San Felice a Cancello, e davanti agli occhi terrorizzati dei due bimbi piccoli, dal marito Luzmil, di 30. Erano due albanesi e, per quanto bianchi, troppo distanti da quella cultura dello stupro dell’uomo bianco che per mesi ha riempito le bocche delle femministe di “Non una di meno”.

Quelle che, dopo il delitto Cecchettin, hanno sfilato in corteo per settimane, indignate per quel delitto figlio del patriarcato al punto che, all’improvviso, la povera Giulia sembrava passata in secondo piano, mentre la sorella Elena e il padre Gino venivano elevati a simbolo del cambiamento culturale, di quelli’Italia migliore cui tendere con un lavoro di sensibilizzazione sui più piccoli, affinché tutti i maschi bianchi imparassero a rispettare le donne e a preservarle dalla violenza. Non solo quella fisica, ma anche dalle ossessioni e dal sessismo che contribuisce all’idea della femmina-oggetto. Un’opera di sensibilizzazione che non sembra aver prodotto risultati, visto che da allora l’elenco delle vittime di femminicidio si è allungato parecchio e nessuno ricorda i nomi delle donne che sono state uccise. Ieri, Eleonor.


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