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“Il destino di Prigozhin è segnato, Putin non cadrà subito”: parla Dunaev del Riac

di Angelo Vitale -


Il destino di Prigozhin è segnato. Ha lanciato la Marcia su Mosca per “salvarsi la pelle”, ma  “non mi stupirebbe se nel giro di qualche tempo non fosse più tra noi”. Parole di Alexander Dunaev, esperto del Russian International Affairs Council (Riac) e collaboratore di Carnegie Politika, a commento dei fatti di sabato scorso successivi alla rivolta  del Gruppo Wagner.

L’analista evidenzia che non si sia trattato di una messinscena. Per considerarla tale sarebbe servita una risposta “chiara” alla domanda se il Cremlino ne abbia guadagnato qualcosa. “Invece il Cremlino ne è uscito indebolito e, anzi, ha perso da un punto di vista politico”, sostiene l’esperto russo, che invita a concentrarsi sulla figura del fondatore della Wagner che da mesi chiede le dimissioni del ministro della Difesa, Sergei Shoigu, e del capo di Stato maggiore, Valery Gerasimov, per i loro insuccessi in Ucraina.

“Già da tempo giravano voci che Prigozhin fosse nel mirino delle forze armate e che si sentisse minacciato personalmente”, prosegue Dunaev, ricordando l’annuncio delle autorità russe che ha preceduto di alcuni giorni la cosiddetta Marcia su Mosca secondo cui tutti i “volontari” delle compagnie militari private, come appunto la Wagner, sarebbero confluiti nel ministero della Difesa. “Per Prigozhin questo avrebbe significato non avere più il suo esercito privato e che la sua sicurezza personale non era più garantita”, sottolinea l’esperto del Riac, secondo cui il fondatore della Wagner ha deciso di lanciare la sua sfida al Cremlino per “trovare una via d’uscita”.

E che questa rivolta fosse mossa da “motivi egoistici” è dimostrato dal fatto che “si è conclusa in 24 ore – precisa – Non sappiamo in cosa consistano gli accordi però sta di fatto che appena Prigozhin ha avuto una certa garanzia ha messo fine a tutto. Non voleva prendere il potere, ma salvare la propria pelle” ed è “difficile” dire se sarebbe poi arrivato veramente a Mosca.

Per Dunaev, Prigozhin ha agito nella logica di un “criminale russo degli Anni Novanta” e per ottenere qualcosa ha fatto “credere” di essere forte. “Ha voluto spaventare Putin, sperava che il presidente avesse preso le sue parti” rimuovendo Shoigu e Gerasimov, dichiara Dunaev, ritenendo tuttavia molto difficile che questo avvenga a stretto giro. “Innanzitutto nei 23 anni al potere Putin ha cercato sempre di non prendere decisioni dettate da pressioni esterne, che per lui è un segno di debolezza – spiega l’esperto – Credo per lui sia indifferente il fatto che Shoigu o Gerasimov siano degli incapaci, per lui è importante la guerra per mantenersi al potere ed essere circondato da persone di cui si fida”.

L’esperto del Riac ragiona quindi sul futuro di Prigozhin, destinato ad andare in Bielorussia, come annunciato anche dal Cremlino. “Se non scappa in Africa, non so quanto potrà rimanere in Bielorussia. Magari è riuscito a ritardare la propria fine, ma non ad assicurarsi una vecchiaia serena”, rimarca Dunaev, ricordando come nelle scorse ore sia stata smentita l’archiviazione del procedimento penale aperto nei suoi confronti. “Lukashenko non credo gli permetterebbe di organizzare una compagnia privata sulla falsariga della Wagner – sostiene Dunaev – Non mi sorprenderei se tra qualche tempo venissimo a sapere che Prigozhin non è più tra noi. Quando poteva contare sul suo esercito di 25mila uomini era fisicamente difficile eliminarlo, adesso non lo so”.

E anche per i suoi ‘gerarchi’ l’analista non vede un futuro roseo. “Dopo quello che è successo le autorità russe difficilmente potranno tollerare un esercito privato. Chi magari non ha partecipato alla Marcia su Mosca potrà essere incorporato nell’esercito russo, mentre sicuramente i personaggi più di spicco della Wagner saranno perseguiti e puniti”.

Dal punto di vista dell’esperto russo, Putin è uscito “indebolito”, si è dimostrato completamente “impotente” e l’avanzata della Wagner ne ha danneggiato ulteriormente l’immagine di “maschio alfa costruita negli ultimi 20 anni e che era stata oscurata dai primi insuccessi della cosiddetta Operazione militare speciale in Ucraina e ulteriormente erosa dai fatti delle ultime settimane, dalla penetrazione di gruppi pro-ucraini nella regione di Belgorod, ai droni al Cremlino”.

Secondo Dunaev, è “molto indicativo” che i cittadini di Rostov, la città russa occupata dalle forze Wagner lo scorso venerdì notte, abbiano applaudito al ritiro dei mercenari dalla città e urlato “infami” alla polizia. “Putin – conclude Dunaev – non ha una forza capace di fare la guerra e nemmeno di mantenere la stabilità all’interno del Paese, ma non penso che possa essere rovesciato da un giorno all’altro. Anche se la popolazione russa è un po’ lenta nel percepire cambiamenti, perfino i suoi sostenitori si stanno svegliando, mentre per le èlite la sua debolezza è già evidente. Dopo questi fatti per lui diventerà ancora più difficile gestire il sistema politico russo, ma qua la situazione è tale che deve cambiare qualcosa”.


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