Il “Bloody Rum” tra mito e realtà
La storia dell’ammiraglio Horatio Nelson è una delle più affascinanti dell’epoca napoleonica. Simbolo di coraggio e strategia militare, Nelson trovò la morte il 21 ottobre 1805 durante la Battaglia di Trafalgar, lo scontro navale che sancì la supremazia britannica sui mari contro la flotta franco-spagnola. La sua morte, avvenuta nel pieno della vittoria, non fece che accrescere il suo mito.
Tuttavia, oltre alle sue gesta militari, ciò che ha alimentato il fascino della sua figura è il racconto legato al trasporto del suo corpo in patria, una storia che si intreccia con leggenda e realtà. Colpito mortalmente da un colpo di moschetto sparato da un cecchino francese a bordo della nave Redoutable, Nelson spirò poche ore dopo sul ponte della HMS Victory. Il suo corpo, tuttavia, non poteva essere lasciato al deperimento, e l’ammiragliato britannico decise di conservarlo per garantirgli un degno funerale a Londra. Qui nasce uno degli episodi più curiosi della storia navale. Per evitare la decomposizione, il corpo di Nelson venne immerso in un grande barile pieno di liquore. Secondo la leggenda più diffusa, la botte era piena di rum, e durante la notte i marinai assetati ne avrebbero attinto segretamente, scoprendo con orrore che il liquore aveva assunto un colore rossastro, presumibilmente a causa del contatto con il corpo dell’ammiraglio. Da questa storia deriverebbe l’espressione bloody rum ,ovvero “rum insanguinato”, e il mito secondo cui i marinai britannici chiamassero il rum Nelson’s Blood, “il sangue di Nelson”. Ma quanto c’è di vero in questa leggenda? Gli storici concordano nel ritenere che, in realtà, il liquore utilizzato per la conservazione del corpo di Nelson non fosse rum, bensì Marsala. Questa scelta non fu casuale. L’ammiraglio Nelson, infatti, aveva già introdotto il Marsala come bevanda ufficiale della Royal Navy, preferendolo al rum per diverse ragioni. Il rum, seppur molto diffuso tra i marinai, era considerato troppo alcolico e difficile da reperire con regolarità. Il Marsala, invece, aveva il vantaggio di essere meno forte ma altrettanto conservabile, oltre a essere facilmente disponibile grazie ai buoni rapporti commerciali con la Sicilia, che all’epoca era sotto il controllo del Regno di Napoli, alleato degli inglesi. La decisione di Nelson di fornire Marsala alla sua flotta contribuì enormemente alla diffusione di questo vino liquoroso nei mercati internazionali, rendendolo popolare anche oltre i confini italiani. Il colore ambrato del Marsala potrebbe aver generato l’equivoco sul cosiddetto bloody rum.Probabilmente, i marinai videro il liquido in cui era immerso il corpo dell’ammiraglio assumere una tonalità più scura e, unendo il tutto alla leggenda marinaresca, nacque il mito del rum insanguinato. Dopo il suo arrivo a Gibilterra, il corpo di Nelson venne trasferito a Londra, dove ricevette solenni onoranze funebri e venne sepolto nella cripta della Cattedrale di St. Paul. Il barile che conteneva il suo corpo, indipendentemente dalla bevanda utilizzata, divenne un simbolo del suo sacrificio e della devozione della Royal Navy per il suo ammiraglio più celebre.
Il mito del bloody rum è rimasto impresso nella cultura marinaresca e popolare, contribuendo ad arricchire la leggenda di Nelson. Anche se storicamente il racconto è più che altro una distorsione della realtà, esso dimostra come le storie legate ai grandi personaggi possano trasformarsi in narrazioni quasi epiche, capaci di attraversare i secoli.
Oggi il Marsala è conosciuto in tutto il mondo anche grazie alla sua associazione con Nelson, mentre il rum continua a essere celebrato nelle tradizioni marinaresche britanniche. Che fosse rum o Marsala, ciò che resta è il ricordo di un eroe che, anche nella sua ultima traversata, lasciò dietro di sé una storia affascinante e indelebile.
Torna alle notizie in home