Cinema

Il bar delle grandi speranze made in Usa

di Martina Melli -


George Clooney firma l’adattamento cinematografico dell’autobiografia del giornalista e scrittore americano JR Moehringer. The Tender Bar è una storia di formazione che segue J.R. dall’infanzia fino a Yale, dove si innamora di Sidney, una ragazza borghese che lo fa oscillare tra amore e distacco. Ben Affleck, con la sua interpretazione dello zio Charlie (figura a metà tra un mentore e un padre, che sprona il nipote a leggere grandi classici e ad esercitarsi nella scrittura) ruba completamente la scena. La sua performance è senza dubbio l’aspetto più memorabile del film. Peccato che gli intermezzi nel bar da lui gestito (Il Dickens, non a caso) soprattutto quelli che coinvolgono il Jr bambino (Daniel Ranieri), siano troppo pochi e troppo brevi. Gran parte della linea narrativa infatti, è dedicata all’adulto (Tye Sheridan) che si erge dallo stallo della classe operaia per frequentare l’Università di Yale e ottenere un lavoro al New York Times.
Indubbiamente ci sembra di aver letto o visto una ventina di versioni di questa storia: la scalata del piccolo prodigio che grazie all’istruzione riesce ad emanciparsi da una famiglia povera e problematica fino a ottenere una carriera di successo. Tendenzialmente in queste storie i protagonisti ormai adulti si guardano indietro con affetto e con l’immancabile lezione per lo spettatore: se lavori veramente sodo ce la farai. Basti pensare al memoir adattato per il cinema Hillbilly Elegy, del neo candidato alla vicepresidenza repubblicana J.D. Vance. The Tender Bar, a differenza di Elegia americana, non colpevolizza i perdenti, non mostra lo squallore disperato della provincia e non indugia nel doloroso rapporto del figlio col genitore altamente disfunzionale o addirittura tossicodipendente. Nonostante Jr abbia a disposizione una straordinaria figura paterna, trascorre comunque l’intero film a inseguire il padre biologico, “The Voice”, un macho grottesco che ha raggiunto la fama radiofonica come dj (Matt Martini). È un peccato che tutti questi film sulla dura vita della classe operaia non sembrino mai essere realizzati da persone che effettivamente l’abbiano vissuta. Come prima cosa, forse, dovrebbero evitare di spiegarci come se ne esce, lasciandosi indietro quella famiglia sconvenientemente priva di mezzi.
Al di là del fatto che The Tender bar è un film delicato, carino e molto godibile, e che Clooney non si sbilancia sul punto di vista del partito democratico, noto che queste memorie e i lungometraggi che ne derivano sono tutti un po’ indietro coi tempi, e continuano a insistere sul valore della scuola e dell’istruzione (più che altro di una formazione universitaria Heavy League) in un contesto sociale in cui questa formazione è un lusso assoluto, un privilegio per pochissimi. E tendono a volerci convincere (non tanto noi, quanto il pubblico Usa) che questo sia l’unico e infallibile modo per realizzare il sogno americano.


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