Politica

I processi a Berlusconi, l’avversario politico da eliminare per via giudiziaria

di Rita Cavallaro -


Silvio Berlusconi, così tanto amato dagli italiani e così tanto perseguitato dalla giustizia. Nei trent’anni della sua discesa in campo, avvenuta nel 1994, il leader azzurro è stato imputato in più di novanta processi. Fascicoli sparsi tra le procure d’Italia, che hanno contestato al Cavaliere una lunga sfilza di reati. Dalla corruzione alla concussione, dal falso in bilancio al vilipendio all’ordine giudiziario, dalla prostituzione minorile fino al concorso in strage. Le udienze contro Silvio hanno superato la cifra astronomica di oltre 3.800, in un accanimento giudiziario di vasta portata, pagato a caro prezzo con i soldi degli italiani che, nelle urne, inserivano la scheda con il voto per il Cav per poi scoprire, puntualmente, che il suffragio universale è solo un’illusione, se basta un pm di turno per rovesciare la democrazia.

Oltre 130 consulenti e 50 avvocati 

Berlusconi ha speso una fortuna per dimostrare la sua estraneità a tutte le accuse che gli sono state mosse: lui stesso si è lamentato più volte con i suoi fedelissimi di aver dovuto assumere oltre 130 consulenti tecnici e una cinquantina di avvocati per affrontare il calvario giudiziario. Che, a lungo andare, ha avuto ripercussioni anche sulla sua salute. E perfino quando è finito in ospedale rischiando la vita, i suoi odiatosi lo hanno accusato di usare i ricoveri per far saltare le udienze, magari per puntare alla prescrizione.

Una sentenza pilotata

Nonostante i tentativi di quello che Berlusconi ha sempre definito il partito delle toghe, una sorta di strumento per eliminare per via giudiziaria l’avversario imbattibile alle elezioni, tutti i procedimenti contro il leader azzurro si sono chiusi con l’assoluzione o la prescrizione. Tranne uno. Non quelli sul bunga bunga nelle cene eleganti con le Olgettine, denominati Ruby, Ruby bis e Ruby ter, ma quello Mediaset sui diritti tv, finito con una condanna a quattro anni per frode fiscale sulla quale, però, è rimasta l’ombra della sentenza pilotata, come dichiarato in un audio choc dal giudice Amedeo Franco, relatore del dispositivo. È così che è stato fatto fuori il presidente di Forza Italia, decaduto da senatore sulla base della legge Severino. I suoi detrattori erano convinti di averlo seppellito, ma Silvio non si era mai fatto da parte. Aveva continuato a guidare il suo partito, forte dell’affetto dei suoi elettori, e alle ultime elezioni era riuscito a tornare sullo scranno del Senato, dal quale aveva passato il testimone della leadership del centrodestra a Giorgia Meloni. E oggi il suo testamento aprirà probabilmente una resa dei conti in Forza Italia.  


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