I Poteri Corti – Extra profitti? No, extra fatturato
Si dice manchino 10 miliardi nei conti della finanziaria di quest’anno (pari a poco meno dello 0,5% del Pil), scatenando il tran tran di dichiarazioni tra i nostri ministri: dai sacrifici indicati da Giorgetti, alle smentite sugli extra profitti del ministro Tajani.
Ogni anno la coperta è corta, eppure continuiamo ad avere cassa per galleggiare, aiutati da chi compra le nostre obbligazioni (tenendoci per le “balle”), oppure da chi ci fa prestiti e da contributi (che non spendiamo neanche), come l’UE, che ci tiene per le orecchie.
Passiamo ai dati sul lavoro: il tasso di occupazione appare buono, ma è fondamentale tener presente che a crescere sono gli over 50 e a diminuire sono la fascia dei 35-49 (– 1,4 milioni negli ultimi dieci anni) e i giovani, la cui occupazione è cresciuta pochissimo.
Si dice che questa tendenza sia dovuta, da un lato, ai flussi migratori in uscita (soprattutto dei giovani) e, dall’altro, alla bassa natalità (trentennale), entrambe concause della possibile contrazione della forza lavoro nei prossimi anni: il lavoro si sta spostando su competenze nuove e, senza i giovani, i nostri “anziani” (non me ne vogliano, manca poco anche per me a livello lavorativo), non riusciranno a sopperire ad una richiesta sempre più innovativa di lavoro, nel metodo e nel merito. Aggiungo, sempre da dati ufficiali (Eurostat), che nell’ultimo decennio si è passati da una situazione di eccesso di offerta di lavoro (con alta disoccupazione), ad un eccesso di domanda di lavoro (con bassa disoccupazione).
La questione, dunque, si sposta dalla domanda all’offerta e, in questo quadro, appare evidente che il problema chiave (e duplice) resti sempre lo stesso: dover fatturare e dover essere attrattivi. Ciò vale tanto per le imprese nuove che, magari, venendo da fuori, vedono negli extra profitti un ostacolo (quindi non entrano), quanto per i nostri imprenditori, che con quel problema chiave devono farci i conti.
Volendo, potremmo anche “additare” la bassissima crescita e l’assenza di valore aggiunto ad una zavorra imprenditoriale che fattura poco e potrebbe fare molto di più, sempreché ricevesse, come sempre detto nei miei articoli, un’adeguata offerta di servizi per crescere.
Lavorare sulle PMI, sulla loro crescita, cultura e “bellezza”, vuol dire lavorare sull’offerta di lavoro e sulla possibilità di coinvolgere e far mettere in gioco una fascia di lavoratori molto produttiva, collegata ad un lavoro moderno e ad alto valore aggiunto: soggetti under 49 che, oggi, giudicano boomer non solo la persona fisica (piccolo) imprenditore, ma anche la piccola impresa che fa solo manovalanza e pezzi fisici.
Se non lavoriamo sulla modernizzazione e sulla crescita delle PMI, come possiamo immaginare che queste siano accattivanti in un mercato del lavoro che la mattina va su Instagram, Tik Tok e non tra i dinosauri (over 50) che ancora popolano Facebook?
E se questi lavoratori vanno via e restiamo solo (noi) vecchietti a lavorare, come faremo?
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