Il pianeta è nel pieno di una nuova corsa allo spazio, dopo quella che ha impegnato gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Ma stavolta c’è un’altra protagonista, la Cina, che mira a contendere agli Usa il primato su quell’immenso ambiente che va oltre la terra, i mari e i cieli. La corsa allo spazio è doppia: la prima è politica e militare e coinvolge intelligence e sicurezza internazionale; la seconda è la cosiddetta space economy e muove centinaia di miliardi, investimenti da parte di governi e istituzioni finanziarie. Ma anche grandi imprenditori, come Jeff Bezos ed Elon Musk, già ribattezzati “i baroni dello spazio”. Dopo aver monopolizzato una larga fetta dell’economia “terrestre”, puntano allo spazio. Perchè? L’abbiamo chiesto ad un’autorità della materia, Raffaele Mauro, solida formazione economica tra Harvard, Bocconi e la Singularity University, general partner in Primo Space, fondo di venture capital specializzato nella space economy. Mauro ha affrontato il tema nel libro “I cancelli del cielo”, scritto con Alessandro Aresu, direttore scientifico della Scuola di Politiche.
Nell’introduzione si parla di un giorno terrestre del 2050. Quanto è reale questo scenario?
Abbiamo costruito uno scenario ipotetico di tipo ottimistico, estrapolando i trend attuali, con l’obiettivo di far intuire il potenziale della nuova corsa allo spazio. Tuttavia molte cose potrebbero andare diversamente. Una cosa è certa: l’esplorazione dello spazio sarà in gran parte vissuta da robot, droni, sonde, intelligenze artificiali, molto più che dagli esseri umani.
Perchè lo spazio si interseca con la geopolitica? L’uomo è un esploratore ma qual è il motivo reale che lo spinge?
Lo spazio ha una dimensione geopolitica di tipo critico per due ragioni: innanzitutto per ragioni dirette, dato che l’infrastruttura spaziale, come ad esempio quella satellitare, è estremamente rilevante per ragioni militari. Si pensi alle capacità di comunicazione, comando e controllo, ai sistemi di posizionamento e all’intelligence tramite i cosiddetti satelliti spia. In secondo luogo, ci sono numerose ragioni indirette, in particolare la crescente rilevanza dell’infrastruttura spaziale per applicazioni a terra, che la rende sempre più critica per settori come la logistica, le telecomunicazioni, l’accesso a Internet
Gli Stati Uniti hanno una storia di conquiste nello spazio, a volte anche controverse. Qual è la loro posizione attuale nello scacchiere spaziale?
Gli Stati Uniti rimangono il principale operatore spaziale al mondo sia dal punto di vista civile che da quello militare. E’ il paese dei grandi budget, della NASA, di SpaceX di Elon Musk e della nuova Space Force. Assieme alla Russia, è il paese dove la storia dell’industria spaziale si è fusa fortemente con la memoria collettiva e la storia nazionale. Nei prossimi anni manterrà questa posizione e aumenteranno gli investimenti, ma nell’ambito di uno scacchiere internazionale sempre più multipolare dove Europa, India, Cina, Russia e anche paesi di piccole dimensioni, come Israele e gli Emirati Arabi Uniti, si porranno sfide ambiziose.
E la Cina? Potenza economica anche in chiave spaziale?
La Cina sta investendo massicciamente in una serie di tecnologie di lungo termine come l’intelligenza artificiale, la computazione quantistica, la genomica e anche lo spazio. Dispone già di una sua stazione spaziale ed ha dei programmi rilevanti di esplorazione lunare e marziana. Parallelamente alla crescita della sua rilevanza economica e geopolitica, è altamente probabile che il peso della Cina nello scacchiere spaziale sarà sempre più elevato e forse più elevato di qualsiasi altro paese oltre agli USA.
E l’Europa? É indietro anche su questo versante?
L’Europa sta sviluppando missioni, tecnologie e competenze tramite la European Space Agency e le agenzie spaziali nazionali. E’ uno dei principali attori al livello mondiale in questo ambito, ma per le sfide del futuro – come su altri versanti di coordinamento continentale Europeo – questo non basta. Tra i limiti il fatto che l’ecosistema locale difficilmente può consentire l’emersione di imprese private di nuova generazione come SpaceX, che negli anni passati hanno contribuito a rivoluzionare il settore. Servono sforzi rilevanti per catalizzare l’innovazione non solo tecnologica ma anche organizzativa, così come la crescita e il contributo delle imprese.
Qual è il ruolo dell’Italia in questo contesto? Il ruolo delle startup
L’Italia ha una storia economica rilevante nell’ambito aerospaziale, ha mantenuto capacità industriali e la possibilità di contribuire in diversi segmenti della catena del valore. Tuttora è uno dei maggiori paesi contributori all’ESA e come volume di spesa nel settore in proporzione al PIL. Il ruolo delle startup non è scontato, fino a pochi anni fa erano poche le imprese di nuova generazione a contribuire a questo settore e si muovevano con difficoltà. Oggi la situazione sta cambiando.
Perché si parla di space economy? Cosa significa e quali sviluppi avrà in futuro?
L’economia legata allo spazio sta vivendo una nuova fase caratterizzata da un contributo crescente del settore privato, dall’innesto di nuove tecnologie (3D printing, intelligenza artificiale, etc.) e metodologie organizzative (approccio lean, prototipazione velce, etc.), dall’impatto in molteplici industrie a terra. Alcuni esempi sono l’agricoltura, il monitoraggio delle infrastrutture, le assiurazioni, i trasporti, la connettività in ambiti come l’Internet of things, la protezione dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico.
Voi li definite i baroni dello spazio. Ma perché i grandi miliardari si sono interessati alla conquista dello spazio?
I “baroni dello spazio” come Musk, Bezos e Branson sono persone che hanno fatto fortuna in altri settori e prima degli altri hanno capito che c’era un’opportunità rilevante di sviluppo commerciale nell’ambito spaziale. Avendo risorse personali ingenti hanno avuto l’opportunità di contribuire prima degli altri e bypassando i tradizionali canali di finanziamento. Specialmente nel caso di SpaceX hanno rivoluzionato alcuni settori, come le tecnologie di lancio e l’accesso a Internet, aprendo le porte a una generazione di “astroimprenditori”.