Editoriale

I FASCIO PROGRESSISTI

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


Dobbiamo mettere un asterisco alla fine della parola libertà. Perché ormai tra libri riscritti e censure sta a sinistra e non a destra questa novella forma che non chiamo fascismo perché fascismo non è ma è una delle cose più simili dell’era moderna. Una modernità dove all’apparenza tutto è trasparente e tutto si conosce. È un’era questa in cui ci dicono che possiamo sapere tutto con un click, ma è anche un’era in cui quello che non dobbiamo sapere si nasconde dietro regole all’apparenza democratiche ma lontane anni luce dalla libertà che professiamo per barare. Pensare che la grande Agatha Christie che se aveva bisogno di un restyling era per promuovere i racconti che hanno fatto immaginare e riflettere generazioni si trovi oggi vittima di una censura, spacciata per un dolce stil novo, che altro non è che la offensiva ipocrita contro Testi Sacri che non fanno male a nessuno e che stanno subendo un omicidio, nel nome della più grande giallista di tutti i tempi. E allora tocca accettare Sherlock Holmes e capire che la sua frase “tutto ciò che è impossibile va escluso, l’improbabile che resta è la verità” per comprendere quello che ci sembrava fino a ieri improbabile, cioè che la democrazia si pieghi a interessi di censura che partono dai libri, dagli asterischi, per arrivare poi alla sostanza delle cose, la natura stessa delle nostre crisi e delle nostre guerre noi dobbiamo resistere. Dobbiamo chiedere che le parole abbiano il loro significato. Dobbiamo pretendere di poter parlare. Dobbiamo convincerci profondamente che quello che sta succedendo non è soltanto un restyling formale, ma una violenza senza precedenti a una libertà che proviene da secoli in cui questa parola aveva molto meno spazio nella vita quotidiana di quanto diciamo ne abbia oggi. C’è poca differenza dall’inquisizione e questo che sta avvenendo. C’è poca differenza tra il fuoco reale che brucia il sapere e questa correzione di massa che a piccole dosi, proprio come un vaccino, ci spinge in una società dominata da altri. Non da chi scrive ma da chi pubblica. Non da chi inventa ma da chi propaganda. C’è poca distanza tra questa nuova pratica omeopatica della censura e un certo neofascismo di natura progressista, che nel nome del rispetto di fatto offende l’intelligenza e la capacità di ognuno di scegliere come e cosa vuole dire di sé. La guerra se la immaginiamo nello stesso finale della riscrittura di Agatha Christie può presentarsi a noi come l’esempio più plastico della degenerazione del nostro sistema di valori. L’asterisco in questo caso non cambia il genere di una parola, ma cancella la sua vera natura, spiegandoci che chi ci sta raccontando il nostro futuro è lo stesso che aveva letto un’altra storia ma che nel nome di una necessità ha deciso di cambiare le parole d’ordine e di lasciare che il finale non sia drammatico come invece ognuno di noi vede accadere davanti ai propri occhi. Non vorrei che i fascioprogressisti derivassero la verità dalla speranza di avere ragione. Ricordiamoci sempre che l’ex ministro della Salute Roberto Speranza aveva dato alle stampe un volumetto che cantava vittoria sul Covid, ritirato dalle librerie perché quell’infilata di frasi fatte e bugie si scontrò con la realtà e non bastarono nemmeno gli asterischi per poterlo davvero pubblicare. Spero che fosse un incidente. Mi auguro che anche Agatha Christie sia un incidente. Ma ho il dubbio che questa strada impervia sia ormai stata presa e che sarà difficile tornare su quella che Dante, anche lui presto a rischio censura, chiamava la dritta via.

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