I consigli del libraio – “Trust” di Hernan Diaz: una matrioska di libri
I consigli del libraio – “Trust” di Hernan Diaz: una matrioska di libri
di GABRIELE GRAZI
Ho sempre apprezzato e seguito i premi letterari. Trovo che raccontino il percorso di un autore e dei suoi libri, consacrandone non solo il talento, ma anche la dedizione, la perseveranza, l’impegno. E poi sono uno spettacolare atto di testimonianza di vizi e virtù di un paese e di una comunità. Attraverso le loro storie ed aneddoti si potrebbe comporre un ottimo saggio di antropologia o di sociologia. Pensiamo ad esempio al Premio francese per eccellenza: il Goncourt. L’unico scrittore ad averlo vinto due volte lo ha dovuto fare sotto falso nome. Il grande Romain Gary lo vinse la prima volta nel 1956 con il romanzo Le radici del cielo, e una seconda volta nel 1975 con lo pseudonimo di Emile Ajar e il romanzo La vita davanti a sé, perché va bene la grandeur francese ma non tanto da meritarsi per ben due volte tale onore! Oppure pensiamo il nostro Strega. Tra le infinite polemiche e battaglie che ne hanno connotato le vicende troviamo veri e propri scontri di civiltà, come quello tra Beppe Fenoglio e Pier Paolo Pasolini.
Era il 1959 e la vittoria andò al Gattopardo, ma per Garzanti si contendevano la selezione Ragazzi di vita e Primavera di bellezza”. (A proposito, un anno niente male direi per la letteratura questo 1959!). L’editore aveva scelto Pasolini ma gli “amici della domenica” invece andarono su Fenoglio e tra i due scrittori si creò un diverbio che rimase leggendario. Veniamo quindi al testo di oggi: Trust di Hernan Diaz portato in Italia da Feltrinelli e vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa di quest’anno. Permettetemi l’ultima curiosità su questo Premio celeberrimo. Il fondatore, Joseph Pulitzer, ungherese emigrato in America nella seconda metà dell’Ottocento, racconta una truffa subita, ma lo fa così bene che il giornalista che ricevette la lamentela lo assume dando vita così alla sua carriera di incredibile giornalista. Torniamo a noi. Questo libro è scritto divinamente, incalzante e con una trama densa di mistero che riuscirà a tenervi incollati alle sue pagine fino alle ore piccole della notte. Racconta infatti le vicende di Andrew Bevel, miliardario americano che ha fatto fortuna dopo il crollo delle borse del ‘29 e che assume la giornalista Ida Partenza, figlia di un anarchico italiano, per raccontare la sua storia.
Ovviamente le vicende che racconta sono ben lungi dalla verità e Ida inizia ad intravedere sullo sfondo una figura chiave, quella della moglie defunta Mildred. Ma la morte di Bevel interrompe bruscamente questa collaborazione e Ida si troverà solamente molti anni dopo a poter entrare negli archivi della fondazione Bevel dove troverà il diario di Mildred, aprendo così tutta un’altra storia. Il tema centrale che mi ha impressionato per la sua potenza e capacità espressiva lo posso sintetizzare così: il capitalismo è un animale che vive di vita propria, e che si ciba della sua stessa carne in un processo di autoalimentazione famelica. Vi credete di poterlo capire e comprenderne le mosse, vi sbagliate di grosso, le sue traiettorie esistenziali sono indefinibili. Un consiglio su come leggere questo libro: bicchiere di scotch, sigaro in bocca e per accenderlo una banconota da almeno 100 dollari come accendino.
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